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Ricordare l’identico: sulle prime fasi di sviluppo della nozione di “memoria” nelle Lezioni sulla fenomenologia della coscienza interna del tempo di Husserl
Ricordare l’identico: sulle prime fasi di sviluppo della nozione di “memoria” nelle Lezioni sulla fenomenologia della coscienza interna del tempo di Husserl
-> di Luca Corti
ABSTRACT
Questo contributo esplora la riflessione husserliana sulla “memoria”, concentrandosi in particolare sulle Lezioni sulla coscienza interna del tempo e sui relativi manoscritti. Nel farlo, seguirà il tema della permanenza dello stesso nella rimemorazione: come va pensata la relazione tra ricordo e ricordato? Vi è un legame di corrispondenza tra la percezione di un certo oggetto e il suo ricordo? Come s’instaura tale relazione, e come si mantiene poi all’interno dei successivi atti di rimemorazione?
Questi interrogativi sono centrali nella riflessione di Husserl, poiché la capacità di ripetere “lo stesso” in molteplici atti rammemorativi si pone alla base dei processi d’individuazione e della costituzione del tempo oggettivo.
Nell’articolo, isolerò tre modi con cui Husserl prova inizialmente a pensare il rapporto con il passato che s’istituisce nella memoria, mettendone in luce alcuni aspetti critici. Come cercherò di mostrare, 1) in un primo momento, Husserl adotta un paradigma raffigurativo, considerando la rimemorazione come “immagine”, e la relazione tra ricordo e ricordato in termini di “similarità”. 2) Successivamente, Husserl abbandonerà questo modello, provando a pensare tale relazione in termini più stretti, di “identità” di contenuto. 3) Anche questo paradigma tuttavia risulterà problematico. Dopo la scoperta della coscienza assoluta e la profonda rivoluzione che essa comporterà nelle sue analisi (con la distinzione tra ritenzione e rimemorazione), Husserl farà del passato, e anche della relazione d’identità implicata nella memoria, un “modo di datità”. Così facendo, Husserl sembra conferire un primato alla memoria nei processi d’individuazione e costituzione temporale.
0. Introduzione
All’inizio del semestre invernale 1904\5 Edmund Husserl iniziava le sue lezioni sugli Hauptstücke der Phänomenologie und Theorie der Erkenntnis, annunciando ai suoi studenti la trattazione di un complesso di problematiche nuove: si sarebbe affrontata «l’intera sfera della memoria e con essa tutti i problemi di una fenomenologia dell’originaria coscienza del tempo»[1]. L’apertura di questo fondamentale campo d’indagine, non toccato dalle precedenti Ricerche logiche, comportava «straordinarie difficoltà», che Husserl descriveva ai suoi uditori – come poi farà spesso – come «le più grandi di tutta la fenomenologia»[2].
In questo contributo, seguirò le prime tappe di questo sviluppo, partendo dal 1901 (con le formulazioni poi esposte nelle Zeitvorlesungen del febbraio 1905) fino alle posizioni elaborate all’incirca del 1917[3]. Mi concentrerò in particolare sullo sviluppo della nozione di “memoria”, nelle sue varie accezioni.
Già nel suo senso generale il tema della “memoria” costituisce uno dei temi principe delle riflessioni husserliane. A detta di molti interpreti, sono proprio le difficoltà che Husserl incontra nel definire il ruolo della memoria (e più in generale, il rapporto col passato) nella costituzione della temporalità che lo porteranno a ripensare radicalmente la struttura della coscienza[4].
Il termine “memoria”, tuttavia, risulta generico, specialmente in riferimento a Husserl. All’interno delle sue riflessioni infatti la nozione assume molteplici significati. Nel corso delle sue prime analisi, il filosofo tedesco prova a pensare la memoria attraverso diversi paradigmi, esplorandone il potenziale e saggiandone di volta in volta le specifiche difficoltà. In questa sede, ricostruirò i diversi modelli utilizzati da Husserl, illustrandone le difficoltà e mettendo in luce cambiamento di prospettiva che si produrrà lungo questo percorso.[5]
0.1 Memoria, identificazione e individuazione
La mia analisi sarà condotta da una particolare angolazione. Il focus sarà rivolto alla questione dell’identità, ossia della permanenza dello stesso nella rammemorazione. La memoria – già per come viene intesa nel suo senso generale, pre-filosofico – sembra infatti capace di stabilire un particolare tipo di corrispondenza tra due elementi, di cui uno è passato (il ricordato) e uno è presente (il ricordo). Il linguaggio ordinario utilizza la particella ri- per indicare questo nesso caratteristico: i termini ri-cordare, ri-memorare (nella versione tedesca, wieder–erinnern) rendono manifesto questo elemento. Per dirla con Ricoeur: «questo ri-», sembra indicare un «fenomeno di ‘corrispondenza’ da termine a termine, nel quale, per ipotesi, la differenza non è di contenuto (è sempre la stessa melodia prodotta e poi riprodotta)»[6].
In questo articolo, mi interesserò in particolare al modo in cui Husserl pensa tale fenomeno. Come mostrerò, il filosofo tedesco, almeno inizialmente, sembra seguire l’intuizione “corrispondentista” appena menzionata, provando ad articolarla in vari modi. Tuttavia, proprio in virtù delle problematiche che sorgono nella comprensione di tale identità tra ricordo e ricordato – ossia nel comprendere il permanere di uno stesso nel passaggio dall’impressione (o vissuto) alla sua rammemorazione – Husserl sarà portato a cambiare paradigma, indebolendo l’idea di corrispondenza e conferendo progressivamente più autonomia all’atto rammemorativo.
Comprendere tale passaggio aiuta a capire alcuni aspetti importanti delle riflessioni di Husserl. Già negli anni delle Zeitvorlesungen, e poi esplicitamente dopo il 1917, la memoria acquisirà un ruolo fondamentale nelle analisi husserliane, per diverse ragioni:
(a) Intesa come Wieder-erinnerung (ossia, come ricordo attivo di un evento passato), la memoria verrà vista svolgere un ruolo chiave nei processi di individuazione e di identificazione oggettuale. Come scriverà Husserl,
Se non ci fosse alcuna rimemorazione (Wiedererinnerung) (ammesso che sia affatto possibile una vita coscienziale senza di essa) […] non ci sarebbe alcun oggetto per l’io; gli mancherebbe certo la coscienza di un qualcosa che si può cogliere (ein Erfassbaren) in molteplici atti di coglimento (Erfassungen), cioè di un essere a cui si può sempre ritornare, e che si può riconoscere sempre come lo stesso, e inoltre che si può avere come un possesso libero e disponibile di cui appropriarsi[7].
Questa caratteristica tipica della rimemorazione – ossia la sua capacità di ripetizione dell’identico – sembra conferirle una funzione fondamentale nella costituzione dell’oggettività. Essa è l’istanza responsabile della costituzione di una
certezza originaria dell’essere di un oggetto soggettivo […] come un alcunché di identificabile a piacimento a partire da una acquisizione originaria, sul quale si può tornare “sempre e nuovamente”, a piacere, e lo si può riconoscere come lo stesso all’interno di queste riattivazione.[8]
In questo senso, comprendere le dinamiche di conservazione dell’identico permette di rispondere, come sostiene Rudolf Bernet, a «delle preoccupazioni di ordine epistemologico»[9] .
(b) Dall’altra parte, come vedremo, nel corso delle riflessioni husserliane la memoria verrà intesa come ritenzione. Anche in questo caso, la sua capacità di mantenere l’identità – in particolare, l’identità con il dato impressionale originario, che viene ritenuto – gioca un ruolo fondamentale nei processi di costituzione di un’esperienza unitaria e dotata di durata. Comprendere dunque come viene concepita la relazione di identità nella strutturazione dell’intenzionalità della memoria (intesa sia come ricordo, che come ritenzione) risulta dunque di primaria importanza.
0.2 Questioni testuali
Husserl cerca di comprendere la natura e la costituzione de “lo stesso” o “il medesimo” che si dà tanto nella rimemorazione quando nella ritenzione, ma lo fa in maniera tutt’altro che univoca.[10] Egli ripensa la struttura della memoria a più riprese, servendosi di diversi modelli. Tali ripensamenti sono tipici di questa fase del suo pensiero, che vede un progressivo cambiamento della sua concezione globale della coscienza temporale tout court.[11] I testi presentano un vero e proprio laboratorio concettuale, in cui – come si è spesso notato – la terminologia non è regimentata, Husserl spesso sembra contraddirsi, torna sulle idee già scartate per saggiarne nuovamente la tenuta, esplora linee argomentative che poi abbandona, recupera, modifica ulteriormente etc.
Come cercherò di mostrare, tuttavia, è possibile isolare tre modelli generali con cui Husserl cerca di pensare il rapporto con il passato istituito dalla memoria. Egli prende le mosse da una concezione “corrispondentista”, ma le difficoltà implicate nel pensare il legame tra la memoria e il suo oggetto in tali termini, lo porta a riconcepire la nozione stessa di Erinnerung, indebolendo progressivamente il legame di corrispondenza.
Nel seguire questo mutamento, procederò nella maniera seguente: 1) offrirò dapprima una contestualizzazione generale delle riflessioni di Husserl sulla coscienza interna del tempo, delineando a grandi linee il noto cambio di paradigma cui si assiste a partire dal 1907, con l’abbandono dello schema Auffassung – Auffassungsinhalt. 2) Presenterò poi più da vicino il modo in cui Husserl prova ad articolare il paradigma “corrispondentista” prima del 1907. Innanzitutto, come vedremo, Husserl concepisce il ricordo (Erinnerung), secondo un modello “raffigurativo” (secondo cui la rimemorazione ci offre un’immagine del passato). Date le difficoltà insite in questo modello, Husserl abbandona l’idea della mediazione di un’immagine, e pensa la relazione di corrispondenza tra il ricordo e il ricordato come identità tra il contenuto di due atti (con differenti modi di apprensione) 3) Il fallimento anche di questo secondo modello porterà a una nuova concezione, che si sviluppa dopo il 1907 e che va di pari passo con la “scoperta” della coscienza assoluta. In questo nuovo contesto, Husserl formula la nozione di “ritenzione”, grazie alla quale non solo il passato viene inteso come un “modo di datità” originario, ma anche l’identità con l’impressione originaria diventa un “modo di datità”, con importanti conseguenze. Così facendo, infatti, Husserl si muove in direzione di quella che Bernet chiama un’inversione del rapporto di fondazione (non ontologica) tra ricordo e ricordato, conferendo alla memoria un ruolo di primato nei processi d’individuazione temporale. Tale visione passerà, non senza conseguenze, negli scritti successivi.
- Prima e dopo il 1907: la scoperta della coscienza assoluta
Prima di confrontarci più da vicino con la memoria, è utile ricordare il contesto generale in cui si collocano le riflessioni di Husserl su questo tema: esse fanno parte della sua analisi della coscienza del tempo, che in quegli anni vanno incontro a un fondamentale cambio di paradigma. Si tratta, come noto, di una sorta di rivoluzione nel pensiero husserliano, la quale costituisce ancora oggi uno dei temi più dibattuti dagli studiosi.[12]
Sebbene il passaggio sia graduale, esso avviene all’interno degli scritti che prenderemo in considerazione, ed è pertanto utile sottolineare la distinzione tra i due modelli.
Il primo quadro interpretativo è strettamente legato alle posizioni espresse nelle Ricerche Logiche e fu elaborato negli anni tra il 1901 e il 1907. Husserl distingue soltanto due livelli di considerazione: il livello oggettuale (il tempo oggettivo, o il tempo dell’orologio), da una parte, e il tempo soggettivo, il vissuto esperienziale, dall’altra. Per spiegare la percezione di un oggetto temporale (una melodia di tre note, A–B–C), Husserl utilizza, come vedremo, il modello Auffassung – Auffassungsinhalt, tipico delle Ricerche. Lo stesso modello sarà usato per comprendere, come vedremo, la rimemorazione.
Tuttavia, verso la fine di questo periodo, Husserl cambia la sua concezione globale della coscienza, e fa la sua apparizione la nozione di “coscienza assoluta”. Husserl si rende conto che la coscienza stessa è qualcosa di “stratificato” e, in particolare, sembra convincersi che all’interno della coscienza sia possibile fare un’ulteriore distinzione tra due livelli: quello degli oggetti temporali immanenti (il mio udire la melodia A-B-C in quanto oggetto immanente, o vissuto coscienziale), da una parte, e un livello coscienziale ancora inferiore, ultimo e costitutivo. La melodia immanente è a sua volta costituita, e la sua costituzione si attua a un livello inferiore, “primitivo”. Questo livello è detto “coscienza assoluta” (ed è anch’esso composto da varie fasi)[13]. Come afferma Brough,
Prima del 1907, Husserl non dice nulla riguardo alla questione di una coscienza assoluta, che costituisce il tempo, e che risulta immanente anche alle apparenze, ai contenuti e alle apprensioni esperite. La sua analisi sembra invece ristretta a due dimensioni: quella dell’oggetto temporale trascendente, che appare, e quella dell’atto percettivo o apparenza percettiva.[14]
Una volta “scoperto” questo livello della coscienza assoluta, Husserl inizierà ad analizzarlo, disvelandone la struttura e il ruolo nella costituzione del tempo. Questa riflessione proseguirà a più riprese negli anni successivi, ben oltre gli scritti che mi propongo di analizzare[15]. È in questo primo periodo, tuttavia, che si produrranno quelle che Ricoeur definisce
le due più grandi scoperte della fenomenologia husserliana del tempo: la descrizione del fenomeno di ritenzione – e del suo simmetrico, la protensione -, e la distinzione tra ritenzione (o ricordo primario) e rimemorazione (o ricordo secondario)[16] .
Con questa distinzione, come vedremo, si assiste ad un cambiamento radicale del modo in cui Husserl concepisce il passato, e con esso la relazione di identità tra ricordo e ricordato.
- Tempo soggettivo, tempo oggettivo: rammemorazione e individuazione.
Negli anni precedenti alla “scoperta” dei livelli più profondi della coscienza, tuttavia, l’attenzione di Husserl è maggiormente focalizzata sulla costituzione dell’oggettualità trascendente. In questo contesto la memoria, intesa come ricordo, gioca un ruolo fondamentale. Come abbiamo accennato poco sopra, essa concorre in maniera decisiva al processo d’individuazione degli oggetti[17]. Prendiamo l’esempio di Husserl:
È appena risuonato un rintocco di campana, e un altro rintocco sta risuonando. Quello passato è ancora nella coscienza, come suono che svanisce (als abklingender). […] Lo ripeto più volte. Ecco diversi ricordi (caratterizzati essi stessi a loro volta come distinti temporalmente), tutti diretti allo stesso “qualcosa” passato. Qualcosa che è solo una volta (es ist nur einmal), mentre gli atti sono parecchi. Identificazione dell’essere passato (Identifizierung des vergangenen Seins) in una pluralità di atti[18].
La possibilità d’identificazione di un oggetto a livello noematico appare per Husserl strettamente dipendente dalla capacità della rimemorazione di richiamare lo stesso, identificando un oggetto come il medesimo. Grazie alla rimemorazione, sembra infatti che l’io possa riattualizzare un oggetto come un identico e, constatando che esso è lo stesso (dasselbe) rispetto al precedentemente percepito, conferirgli la propria individualità[19].
Il permanere dello stesso nelle diverse rammemorazioni è cruciale per l’individuazione di un oggetto (così come per la costituzione di quello che Husserl chiama il “tempo oggettivo”, ossia il “tempo dell’orologio”). Come afferma Bernet
è attraverso questa sintesi del riconoscimento dell’identità tra un vissuto presente e un vissuto passato che si costituiscono l’identità di un oggetto temporale e l’identità di questo sistema di localizzazione temporale che è il tempo oggettivo[20].
Dobbiamo dunque dire che la memoria è interamente responsabile dell’individuazione e dell’identificazione oggettuale, come sembra da alcuni passi visti sopra sopra?
Husserl non si spingerà mai ad affermare tanto: soprattutto in questo primo periodo, egli sottolinea invece come a monte di ogni atto rammemorativo ci sia sempre una percezione passata, la quale conferisce già una “individuazione” temporale al proprio oggetto, e conserva un primato sui successivi atti re-identificativi del ricordo[21]. In breve: in questa fase Husserl sembra sostenere che il ricordo presuppone l’individualità dell’oggetto passato, e non la costituisce.
Si intravedono tuttavia già a questa altezza le prime questioni di primato. È dunque interessante chiedersi: come si relaziona l’individuazione prodotta dalla rammemorazione con l’individuazione originale che si dà nell’atto percettivo? È possibile parlare di individuazione percettiva indipendentemente da ogni atto di memoria? [22]
Husserl sembra considerare l’atto rammemorativo e quello percettivo come co-essenziali all’individuazione degli oggetti (e, più in generale, alla costituzione del tempo oggettivo):
Nel flusso temporale soggettivo si costituisce l’oggettività temporale, e appartiene essenzialmente (wesensmäßig) a quest’ultima l’essere identificabile per mezzo di rimemorazioni (Wiedererinnerungen) e quindi l’essere soggetto di predicati identici[23].
Per comprendere tale individuazione retrospettiva, bisogna quindi spostare l’attenzione di Husserl sull’atto rammemorativo in quanto tale – Husserl lo chiama Erinnerung[24] o Erinnerungsakt[25] – e determinarne la struttura intenzionale. In particolare, è necessario analizzare il rapporto tra il vissuto rammemorativo e il corrispondente vissuto percettivo, per osservare i modi in cui i due entrano in relazione.
- Ascesa e crisi del paradigma raffigurativo.
Il primo modo in cui Husserl prova a comprendere la relazione tra atto rammemorativo e vissuto percettivo è percorrendo la via del paradigma raffigurativo, elaborando quella che Brough ha definito «image theory of memory»[26]. In essa, la rammemorazione rappresenta una particolare forma di coscienza che, al pari degli atti di fantasia, procede come per immagini. Il 20 dicembre 1901 Husserl afferma: «il ricordo abituale è una appercezione per immagini» (Die gewöhnliche Erinnerung ist eine bildliche Apperzeption)[27]. In particolare, l’atto mnemonico sembra essere concepito come un calco, una copia raffigurativa di un evento o processo (Vorgang) passato. Si tratta di un «vorstellend abbilden»[28], copiare raffigurativamente. Per indicare il prodotto di tale atto Husserl utilizza a più riprese il termine immagine (Bild[29]), immagine mnemonica (Erinnerungsbild[30], Bild-Erinnerung[31]) o rappresentazione figurativa (bildliche Rapräsentation[32]).
In tale meccanismo di corrispondenza intenzionale, la relazione tra il vissuto rammemorato e quello rammemorante è mediata da un’immagine, che è la copia del vissuto originario: «il contenuto rammemorato è ‘lo stesso’ del precedente, ma è la sua immagine»[33].
3.1 Il problema del ritratto. La copia conforme e il rappresentante
La relazione di corrispondenza tra il vissuto percettivo “originale”[34] e la sua immagine-copia mnemonica è definita da Husserl in termini di Similarität. Si tratta di una Abbildung durch Ähnlichkeit («copia attraverso somiglianza)»[35]: il contenuto di una rappresentazione mnemonica sostituisce e rimanda attraverso la somiglianza a quello che fu presente. Husserl definisce il ricordo come una “replica” (Gegenbild)[36] del vissuto, e sembra concepire la relazione tra i due come quella che lega un ritratto all’originale.
Il problema che sorge da questo tipo di concettualizzazione viene messo in luce da Husserl stesso. Servendosi della metafora, il filosofo sottolinea lo scarto essenziale che separa il ritratto dal suo originale – uno scarto che non può darsi nel caso della memoria. Un quadro che rappresenti la presa della Bastiglia, scrive Husserl, è diverso dalla presa della Bastiglia stessa: das ist doch keine Erinnerung[37].
Fuori dalla metafora, Husserl sembra insistere sull’eterogeneità dei contenuti dei due atti. Per quanto riguarda invece il tipo di relazione tra questi contenuti, il modello è basato sull’analogia – che Husserl esplora attentamente prendendo ad esempio la relazione di dipinti, ritratti, e fotografie con il loro originale. Tale modello viene presto abbandonato: l’argomento principale che Husserl oppone a tale concezione è che l’oggetto che io ricordo adesso non è semplicemente simile all’oggetto passato, ma è lo stesso e medesimo oggetto[38].
- Dal ritratto all’identità, l’abbandono del paradigma raffigurativo
Secondo quanto scrive Husserl al termine di questa prima fase, la rammemorazione
non vuole essere un’immagine più o meno analoga; [nel ricordo] non si intende qualcosa che è somigliante a ciò che appare; vi si intende piuttosto la cosa stessa che appare (das Erscheinende selbst) […]. E’ questa una rappresentanza, anziché mediante semplice somiglianza, piuttosto mediante identità? [39]
Nella fase successiva, Husserl sembra convincersi che la memoria richiede una relazione di corrispondenza più serrata, identitaria. Non si tratta di un doppione di diversa fattura – precisa il filosofo – come tra fotografia e fotografato[40]: la memoria ci offre lo stesso identico contenuto della percezione.
Husserl esplora dunque questo nuovo modello. Per spiegare che cosa ha in mente, prende come esempio il ricordo di un teatro illuminato. Nel ricordarmi di un teatro illuminato, afferma, è il teatro stesso (es ist das Theather selbst) che mi si presenta davanti, non una semplice immagine (ein blosses Bild) del teatro, né un altro oggetto meramente simile all’oggetto stesso.[41] Questa constatazione ha due conseguenze principali:
a. in primo luogo, essa implica l’abbandono della mediazione dell’immagine e quindi del paradigma raffigurativo tout court. Poiché adesso il contenuto del vissuto rammemorativo non è più una copia, ma esattamente lo stesso del vissuto originale, la mediazione dell’immagine non è più necessaria: «La memoria non è coscienza di immagini (Bildbewusstsein) – scrive Husserl – ma qualcosa di totalmente altro (etwas total anderes)»[42].
b. In secondo luogo però, la teoria dell’ identità richiede ulteriori precisazioni. Sembra infatti che nel suo essere appreso nella memoria, il vissuto percettivo originario non sia ripetuto in modo completamente identico (si tratterebbe altrimenti di una nuova percezione vera e propria, o al massimo di un’allucinazione). Il contenuto che viene rammemorato subisce invece una qualche modificazione, che lo caratterizza proprio come ricordato (non già come percepito), e lo situa in un tempo che non è il presente. L’identità, potremmo dire, deve lasciare spazio ad una certa dose di differenza.
Husserl riconosce tale esigenza, e formula il problema utilizzando nuovamente l’esempio del teatro:
Osserviamo il teatro, lo osserviamo nella memoria in atteggiamento tematico; tuttavia quest’osservare (anschauen), considerato da una prospettiva puramente fenomenologica, è senz’altro totalmente diverso (ganz anders) dal percepire. In che cosa consiste questa differenza? Che cosa rende la memoria e tutta la sua intenzionalità così apparentata con la percezione, e che cosa la distingue così radicalmente da essa?[43]
- Lo schema Auffassung- Auffassungsinhalt
Dove va collocata la differenza tra i due vissuti? Secondo Husserl, essa non risiede nel contenuto, bensì nella struttura modale dell’atto che intenziona questo contenuto.
Il modello che Husserl utilizza per comprendere la coscienza temporale (fino al 1907-8), come abbiamo detto, è lo schema Auffassung – Auffassungsinhalt, già presentato nelle Ricerche Logiche. In quella sede Husserl scriveva
Non riesco a trovare alcunché di più evidente della differenza […] tra contenuti e atti, in particolare, tra contenuti della percezione intesi come sensazioni, (Empfindungen) da una parte, e atti di percezione intesi come l’intenzione che coglie e che è poi dotata di altri caratteri sovrapposti[44].
Tale schema vede ciascun vissuto come un composto formato da un certo contenuto hyletico immanente, su cui si innesta la componente modale della apprensione (Auffassung), la quale lo anima (beseelt[45]), stabilendone la referenza trascendente.
È il carattere dell’atto (Aktcharakter) che, per così dire, anima la sensazione, e a seconda dell’essenza del carattere dell’atto, fa sì che noi percepiamo questo e quell’oggettuale (dieses oder jenes Gegenständliche), vediamo quest’albero, udiamo questo suono[46].
Già nelle Ricerche, tra i semplici esempi (günstige Beispiele) con cui Husserl si propone di illustrare il modo in cui vari Aktcharakter animano un medesimo contenuto, si annovera la differenza tra la percezione e la memoria[47].
In breve: sono i modi di apprensione che determinano della caratterizzazione di uno stesso contenuto come “sognato”, “ricordato”, “immaginato” etc. Per quanto riguarda la rammemorazione, vale dunque quanto segue: la localizzazione temporale di un certo contenuto (p. es. il teatro in quanto esperito) non dipende dal contenuto stesso – che di per sé rimane inalterato sia nella percezione che nelle corrispettive rimemorazioni – bensì dalla diversa modalità della sua apprensione.
L’identità dell’oggetto può prescindere dal tempo. In molti ricordi vi può essere lo stesso oggetto, ma ciascuno ha il suo tempo […]. […] Al modo di apprensione appartiene la differenza tra percezione, memoria, mera fantasia [48].
Uno stesso teatro può dunque essere percepito, sognato, immaginato, ricordato.
In quest’ultimo caso, il posizionamento temporale avviene grazie alla divisione del lavoro tra quelle che Husserl chiama «la materia della memoria», da una parte, e «l’elemento modale della memoria» (das Modale der Erinnerung)[49]. La modificazione (Modifikation) di cui parla Husserl avviene dunque al livello dell’atto, mentre l’identità del contenuto si conserva a fronte delle potenziali rimemoriazioni di cui è passibile. Husserl è chiaro in proposito nelle sue Lezioni:
Lo stesso (derselbe) contenuto sensibile viene appreso come un passato […]. L’oggetto appare forse proprio come lo stesso, solo modificato, ma la modificazione non riguarda il contenuto sensibile, e quindi neppure ciò che costituisce l’oggetto secondo la sua materia. Io sono incline, a porre questa differenza nel modo di appercezione.[50]
Così a livello noematico l’oggetto ricordato conserva la sua identità nella ripetizione degli atti mnemonici, identico a sé stesso nella reiterazione delle rimemorazioni in quanto correlato di uno stesso contenuto intemporale.
5.1 Due critiche al paradigma Auffassung–Auffassungsinhalt
Tra i problemi che questo modello implica, ve ne sono due principali. Uno è piuttosto noto ed è spesso menzionato dalla critica (oltre che da Husserl stesso), l’altro invece viene messo meno in luce, ma è per noi altrettanto interessante. Partiamo da quest’ultimo, il quale rappresenta una via meno battuta ma interessante per comprendere il mutamento della nozione di memoria.
5.1.2 Il problema del terzo uomo
La rimemorazione, ci dice Husserl, non si limita a collocare il proprio oggetto (es. il teatro) nel passato. Essa contiene in sé anche un riferimento essenziale alla corrispettiva percezione (la percezione del teatro stesso). Per dirla con Husserl: «appartiene all’essenza della memoria […] l’essere coscienza di qualcosa che è stato percepito (Wahrgenommen-gewesen-sein)»[51].
Ma come va compreso questo riferimento alla percezione passata? In particolare, come so io dell’identità tra il mio ricordo attuale di una percezione e la percezione stessa, cui l’atto mnemonico sembra essenzialmente (wesensmäßig) rimandare? Ne possiamo disporre fenomenologicamente? Si pone qui il problema della richiesta delle credenziali fenomenologiche della relazione di identità tra contenuti di due oggetti immanenti. Su questo punto, ci imbattiamo in alcune difficoltà.
In linea di principio, muovendo dal presupposto fenomenologico basilare per cui «la coscienza non ha lati»[52] e «un vissuto non si adombra (ein Erlebnis schattet sich nicht ab)»[53], il problema della relazione tra i due vissuti (rammemorante e rammemorato) dovrebbe risultare risolvibile all’interno del dominio dell’evidenza apodittica della coscienza. Per ricevere risposta, tuttavia, esso rende necessaria l’individuazione di un’istanza in grado di compiere il raffronto tra il vissuto originale (la percezione di un teatro) e il rammemorante (il ricordo di tale percezione), volto a statuire l’identità dei contenuti. Esiste una tale istanza?
Emerge qui il problema di un atto terzo, incaricato di tematizzare «nachträglich»[54] due atti passati, paragonarli, mostrando l’identità dei loro contenuti. Tale atto terzo (sia esso a sua volta un atto rammemorativo, o una riflessione che si compie attraverso la memoria, come scrive Husserl), a sua volta, dovrebbe legittimarsi attraverso un altro atto, e così via: si intravede qui la minaccia del regresso[55].
Husserl è consapevole del problema della disponibilità fenomenologica della relazione d’identità tra il contenuto di un atto mnemonico presente e il corrispettivo passato. L’interrogativo emerge a più riprese nelle sue riflessioni:
Ho adesso un ricordo adeguato, ossia, si vede, un’intuizione di ciò che ho prima percepito (eine Anschauung von dem vorher Wahrgenommene). Io so di quest’identità di due atti separati: da dove (woher)?[56]
La risposta che offre, tuttavia, è alquanto sorprendente, e segna forse l’inizio di un cambio di paradigma. Se tale relazione è indisponibile fenomenologicamente (pena il regresso)[57], quello che resta è fidarsi della memoria.
Ma io, come so del cambiamento (Umwandlung) della percezione originaria in una “modificazione”? Confrontando il ricordo (in quanto modificazione) con una percezione attuale? Bello. Ma che ne è della conoscenza del fatto che un ricordo, in quanto ripresenta un “adesso” – in quanto lo rappresenta intuitivamente (anschaulich), non già soltanto indirettamente per immagine (bildlich) […] – rappresenta un qualcosa che è stato presente (ein Gegenwärtig-gewesenes) e quindi qualcosa che è stato percepito? Io mi fido del ricordo, e allora sono sicuro che la memoria è una presentificazione (Vergegenwärtigung) di una percezione passata.[58]
5.1.3. Fidarsi della memoria
Come dobbiamo intendere, in questo contesto, il richiamo alla fiducia, e l’espressione “fidarsi” (trauen) della memoria?
Con esso, sembra che Husserl riconosca l’impossibilità di reperire un’istanza che garantisca un accesso indipendente al vissuto originale, per poter effettuare il paragone con quello “rammemorato”. Così facendo, Husserl sembra andare nella direzione di un’inversione di primato: la rammemorazione è l’istanza che garantisce l’identità con il vissuto originario, oltre che determinare la collocazione temporale del suo contenuto.
In questo senso, con la metafora del “fidarsi” comincia già a delinearsi un terzo modello per concepire l’identità. All’interno del paradigma, l’identità non è una relazione tra i contenuti di due atti, che viene portata alla luce da un atto “terzo”, bensì un modo di darsi del contenuto rammemorativo stesso in quanto identico a uno passato. Husserl sembra iniziare ad annoverare l’identità tra i modi di datità propri del contenuto rimemorato.
Questo trasferimento dell’identità tra i modi di datità propri della memoria si compie appieno nel periodo successivo, con la nozione di “ritenzione”. A partire dal 1908-1909 Husserl muove la sua critica a quella che definisce
la mia teoria della rappresentanza (meine Repräsentationstheorie), che operava con “contenuti” “vissuti” (p. es contenuti sensibili) e li vedeva come “appresi” ora in questo, ora in quell’altro modo (sie je nachdem als so oder so aufgefaßt ansah)[59]
Solitamente, tuttavia, la critica al paradigma “apprensione\contenuto appreso” non viene vista passare per l’argomento visto sopra, bensì per un altro argomento.
5.2 Un passato che non è passato
L’argomento riguarda la nozione di passato che emerge da tale modello, e si articola nella maniera seguente: se, secondo questo paradigma, il contenuto dell’atto rammemorativo è presente, e l’atto rammemorativo stesso è presente, allora, per dirla con Bernet: «è più facile vedere un cammello passare attraverso la cruna di un ago che una apprensione presente di un contenuto presente fornirci altro se non un oggetto presente»[60]. In breve: attraverso il paradigma “apprensione\contenuto appreso” Husserl non riuscirebbe affatto a dare una spiegazione del passato, bensì offrirebbe una concezione spuria del passato stesso[61]. Si tratta di un problema diverso e tuttavia connesso con quello dell’identità.
In virtù degli aspetti critici appena menzionati, Husserl cambia la propria concezione della memoria. E lo fa in una direzione che era già emersa con l’appello precedente a “fidarsi” della memoria.
Il nuovo modello concepisce infatti il passato stesso un modo di datità. Al contempo, anche l’identità con l’”originale” viene ripensata ed entrerà a far parte dei modi di datità propri della memoria. Questo nuovo paradigma verrà sviluppato appieno con la nozione di “ritenzione”.
- L’idea di ritenzione: il darsi del passato in quanto passato.
L’idea della datità del passato in quanto tale viene elaborata con la “scoperta” e l’analisi della ritenzione[62]. Essa, come abbiamo detto, si situa a un livello inferiore di analisi, quello della coscienza assoluta: la coscienza assoluta è quella coscienza che costituisce il tempo e gli oggetti temporali immanenti.
La coscienza assoluta si costituisce di “fasi”, definite da Husserl con i termini di impressione, ritenzione e protensione[63]. Come noto, la ritenzione è quella nozione con cui Husserl cerca di catturare la permanenza di un appena-percepito all’interno della fase percettiva attuale.
Si pensi alla percezione di una melodia composta da quattro note, A–B–C–D, eseguite in sequenza, schematizzabile nel seguente diagramma[64].
Da un punto di vista fenomenologico, si può rendere conto della percezione musicale nella maniera seguente: essa inizierà con un’impressione originaria (Ur-impression) della prima nota (A). L’impressione è inizialmente presente – per dirla con Husserl – «di persona» o «in carne ed ossa», ovvero in maniera viva. Essa tuttavia trascorre, lasciando presto il posto, nella fase successiva[65], alla Ur-impression dalla nota B. Eppure, mentre percepiamo “di persona” la nota B, la nota A non scompare affatto, anzi, essa viene per così dire “trattenuta”, “risuona” ancora. Seppure sia passata, l’impressione originaria di A si mantiene sotto forma di ritenzione (Ar1), nella modalità del soeben vergangenen, l’appena trascorso. Questo meccanismo, secondo Husserl, garantisce la presenza del passato nel presente, costituendo la percezione di un’unità continuativa nell’esperienza. Nella fase ancora successiva, con l’apparire dell’Ur-impression della nota C, si assiste a un’ulteriore modificazione nella coscienza assoluta. Vi sarà un’impressione originaria della nota C, presente “di persona”, e una ritenzione che include in sé tutte le fasi precedenti, ovvero a nota B (Br1) e una ulteriore ritenzione della nota A (Ar2), che sarà percepita come ancora più distante nel tempo. Si tratta, per usare una metafora di Husserl, di una sorta di «eco»[66].
L’elaborazione del concetto di ritenzione rappresenta uno dei portati principali della nuova concezione husserliana, se non il vero e proprio «nucleo centrale dell’analisi del tempo di Husserl»[67]. Ma come si definisce la relazione di identità tra ritenzione e la corrispettiva impressione originaria ? Se guardiamo più da vicino, troviamo che la ritenzione si distingue per le seguenti caratteristiche:
- A differenza della rimemorazione, essa non è un atto
- Essa è invece una fase costituente di un vissuto intenzionale (assieme a impressione e protenzione).
- La ritenzione occorre passivamente.
- La ritenzione non ha portato oggettivante. Non ci restituisce un oggetto nel passato, ma piuttosto contribuisce alla costituzione di un oggetto e del presente.
- Essa è la presentazione di una fase (l’impressione) che è appena passata, in quanto passata.
- La ritenzione, come tutte le fasi della coscienza assoluta, non è temporale. Anche se essa costituisce il tempo, secondo Husserl, non è essa stessa nel tempo. Ritenzione e protensione non sono individuabili temporalmente, e pertanto, ci avverte il filosofo tedesco, «non può avere alcun senso dire di esse […] che sono nell’ora ed erano prima, che si susseguono l’un l’altra, o che siano contemporanee»[68].
Ognuna di queste caratteristiche richiederebbe ulteriore approfondimento[69]. Quello che ci interessa notare, al momento, è che la cifra distintiva della ritenzione, in quanto fase del flusso assoluto, e data dal fatto che essa è una coscienza originaria del passato, che in essa si dà presentativamente. Nella ritenzione il passato può essere – per usare le parole di Husserl – «direttamente guardato»[70]. Essa trattiene il passato appena trascorso nel presente attuale: oltre che come “guardare”, Husserl, che si serve di varie metafore, descrive tale conservazione del passato come un tenere in pugno («im Griff behalten») nella ritenzione, o come una conservazione.[71] Il passato, in questo caso, non è più il frutto dell’apprensione di un contenuto intemporale. E’ invece il contenuto stesso – se così possiamo dire – a darsi come passato. Husserl sembra concepire esplicitamente il passato come un modo di datità, di presentazione originaria.[72]
Il ruolo della ritenzione, in questo contesto, è quello di garantire una concezione di un passato “autentico”. Nel farlo essa, per dirla con Ricoeur, ha la funzione esplicita di «preservare il medesimo nell’altro»[73].
Torna quini legittima la domanda già posta a proposito della rimemorazione: che tipo di relazione intrattiene la ritenzione con la rispettiva Urimpression? Si tratta di una corrispondenza? Con ciò, il problema della teorizzazione del rapporto tra Ur-impression e ritenzione si ripropone anche all’interno di questo modello.
7. Ritenzione e corrispondenza
Si riscontra qui una tensione: da una parte Husserl sembra voler rimanere fedele al paradigma corrispondentista della memoria, per cui ogni ritenzione è necessariamente legata a (e concettualmente dipendente da) una Ur-impression: «ogni ritenzione rimanda a una impressione», ci dice (Jede Retention weist in sich auf eine Impression zurück)[74]. Dall’altra invece, sembra dover conferire alla ritenzione un portato assai maggiore.
Poiché ogni fase ritenzionale successiva, secondo Husserl, include in sé tutte le fasi precedenti – secondo la metafora husserliana dell’eredità[75] – garantendo così la continuità al flusso esperienziale[76], sembra che l’unico modo di accedere all’impressione passata sia la ritenzione stessa. Ogni ritenzione dunque risulta autoritativa rispetto tanto all’impressione che la precede, quanto tutta la serie delle precedenti impressioni e corrispettive ritenzioni. Non resta, per usare le parole di Husserl, che “fidarsi” della ritenzione. Il vocabolario dell’“ineinander”[77] utilizzato da Husserl nella caratterizzazione della ritenzione sembra proprio indicare tale direzione.
L’ “adesso” attuale racchiude memorativamente un continuum di passato. Ogni nuovo “adesso” racchiude nuovamente in sé questa continuità del ricordo, il nuovo “adesso” racchiude il nuovo continuo di memoria etc. così costantemente[78]
La ritenzione si costituisce così come l’unica e originaria porta d’accesso al passato o, meglio, come l’unica garanzia della identità con l’Ur-impression[79].
Nonostante Husserl talvolta definisca il rapporto tra ritenzione e impressione mediante il vocabolario della «modificazione»[80] , presto si rende conto che tale vocabolario lo farebbe ricadere nel modello precedente. Pertanto è necessario negare che la ritenzione sia una modificazione di alcunché di passato:
la ritenzione non è una modificazione, nella quale i dati impressionali rimangono conservati nella loro effettività (reel), soltanto in forma modificata; essa è invece una intenzionalità, e a ben vedere un’intenzionalità di tipo specifico (eigener Art).[81]
In generale, l’identità con l’impressione originaria si dà originariamente. La ritenzione si offre come identica alla Urimpression. Ciò implica tuttavia un certo capovolgimento del rapporto fondazionale tra impressione e ritenzione, ponendo, come fa notare Bernet, quest’ultima alla base del processo di costituzione dell’impressione stessa:
si è tentati di capovolgere il rapporto fondazionale, e di derivare la possibilità della coscienza dell’adesso, dalla possibilità della coscienza ricostruttiva (nachträglich) del passato, oppure di far coincidere le due coscienze[82]
Concepire l’identità stessa come una forma di «absolute Selbstgegebenheit»[83] ritenzionale, garantisce un nuovo ruolo alla memoria nella costituzione del tempo.
La stessa idea che l’identità con l’originale impressione sia un modo di datità viene poi applicata anche alla rammemorazione. Troviamo quindi Husserl formulare la definizione più esaustiva di tale paradigma dell’originarietà del passato, che abbraccia entrambe le declinazioni della memoria:
Un paragone del non-più-percepito e semplicemente ricordato con qualcosa al di fuori di esso non ha senso. Così come io, nella percezione, vedo l’essere adesso (das Jetztsein erschaue) […] allo stesso modo nel ricordo vedo (erschaue), nella misura in cui esso è primario, il passato. Esso vi è dato, e datità del passato è memoria (Gegebenheit von Vergangenheit ist Erinnerung) – la datità originaria come memoria primaria, la ri-datità, come ricordo). [84]
Si formula così il paradigma della datità del passato in quanto tale, che viene applicato alle due memorie – sebbene distinte e diverse sotto il profilo strutturale e intenzionale.
Se tuttavia, da una parte, con questa idea di una datità del passato, Husserl riesce a «estendere al passato il beneficio dell’originarietà caratteristica dell’impressione presente»[85], risolvendo, forse, il problema di teorizzare un passato autentico – e non un’apprensione presente che spaccia un contenuto presente come passato; dall’altra, comprendere la relazione di identità come un modo di datità riconfigura il portato e la valenza della memoria. Ritenzione e rammemorazione sembrano poter sottrarsi al paradigma della “corrispondenza” e diventare autoritative rispetto all’impressione originaria.
8 Conclusione. Verso l’ autonomia della memoria.
Siamo partiti da un’assunzione del senso comune secondo cui la particella Ri- (Wieder), contenuta nella parola ri-memorazione (Wiedererinnerung) o ri-cordo, sia il segno di una corrispondenza.
Abbiamo visto come Husserl cerchi di articolare tale paradigma, passando prima per la concezione della memoria come immagine, e poi per la concezione della memoria come identità di contenuto appreso in modi diversi. Tali concezioni sembrano entrare in crisi (anche) in seguito alla constatazione della non-disponibilità fenomenologica dell’identità tra percezione e ricordo, a tal punto che Husserl giunge ad affermare che bisogna “fidarsi” della memoria. L’identità con il vissuto (o Ur-impression) originario viene progressivamente inclusa nel complesso dei modi di datità originari. L’inclusione della sfera dell’originarietà non solo del carattere passato, bensì dell’identità stessa fa sì che nesso tra ricordo e ricordato vada progressivamente allentandosi, e con esso la concezione dell’adeguazione o corrispondenza.
Husserl conferirà progressiva autonomia alla memoria, conferendole un ruolo fondazionale che diverrà più chiaro. Come scrive Chaffin, negli scritti successivi
Lungi dall’essere una fonte di evidenza indiretta e non originale, come nelle prime analisi del ricordo, […] il ricordo è la fonte della certezza apodittica che un sé [un oggetto identico a se stesso] si presenta nella nostra riflessione sul passato[86]
Così facendo la facoltà mnemonica, e con essa soprattutto il suo portato di identificazione (e individuazione), si delineano in maniera autonoma[87]. Non solo, quindi, come afferma Ricoeur,
La libera reiterazione del passato nella rimemorazione è di tale importanza per la costituzione del passato che il metodo fenomenologico si fonda a sua volta su questo potere di ripetere – nel duplice senso di far ritornare e reiterare – l’esperienza assolutamente primitiva della ritenzione[88]–
L’identificazione di un medesimo oggetto è resa possibile grazie alla darsi presentativamente dell’identità con il passato, tanto nella ritenzione quanto nella rimemorazione. Grazie ad essa «posso dire nel ricordo, sempre e di nuovo ‘questo qui, questo e medesimo’. Questa è la forma più primitiva di unità».[89] La memoria si costituisce così come un’istanza autonoma, liberandosi della concezione corrispondentista e del “mito” dell’impressione originaria.
Bibliografia:
Abbreviazioni
- Husserl
Come d’uso, i testi della collana delle Gesammelte Werke di Husserl (Husserliana) sono citati con la sigla HUA seguita dal numero relativo al volume e dal numero di pagina pagina. I volume della serie Husserliana Materialien sono citati con la sigla HUAM.
HUA X Husserl, E.: Zur Phänomenologie des inneren Zeitbewusstseins (1893-1917), hrsg. v. Rudolf Böhm, Martinus Nijhoff, Den Haag, 1966. [Trad. it. Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo (1893-1917), a cura di A. Marini. Milano: Franco Angeli 1981]
HUA III Husserl, E.: Briefwechsel. Hrsg. von Elisabeth Schuhmann in Verbindung mit Karl Schuhmann, Kluwer, Dordrecht / Boston / London, 1994.
HUA XI Husserl, E.: Analysen zur passiven Synthesis (1918-1926), hrsg. v. Margot Fleitscher, Martinus Nijhoff, Den Haag, 1966. [trad. it Lezioni sulla sintesi passiva, trad. di Vincenzo Costa, La Scuola 2016]
HUA XVII Husserl, E.: Formale und transzendentale Logik, hrsg. v. Paul Janssen, Martinus Nijhoff, Den Haag, 1974.
HUA XIX Husserl, E. : Logische Untersuchungen (Husserliana, Band XIX/1 e XIX/2), hrsg. v. Ursula Panzer, Martinus Nijhoff, Den Haag, 1984. [trad. it. Ricerche logiche, a cura di G. Piana,ì. Milano: il Saggiatore 2005].
HUA XXIII Husserl, E.: Phantasie, Bildbewusstsein, Erinnerung. Hrsg. v. E. Marbach, Kluwer Academic Publishers, 1980.
HUA XXIV Husserl, E.: Einleitung in die Logik und Erkenntnistheorie. Vorlesungen 1906/07, hrsg. v. Ullrich Melle,: Martinus Nijhoff, Den Haaag 1985.
HUA XXXVIII Husserl, E.: Wahrnehmung und Aufmerksamkeit. Texte aus dem Nachlass (1893-1912), Hrsg. V. Thomas Vongehr und Regula Giuliani. Springer, Dordrecht 2004
[1] HUA XXXVIII, p. 4. Nelle Ricerche, prosegue Husserl, questi temi erano «erano per così dire, taciuti (totgeschwiegen)», Ibid. Per le opere di Husserl si sono riportati i numeri di pagina dell’originale tedesco (HUA). Le traduzioni italiane cui si è fatto riferimento, ove presenti, sono citate in bibliografia. Le traduzioni dai contributi di letteratura secondaria originariamente in una lingua diversa dall’italiano sono mie.
[2] Ibid., Husserl ribadirà a più riprese questo giudizio, si veda anche HUA XXIV, p. 255. Più tardi, nel pieno della prima critica a se stesso su questi temi, Husserl ripeterà di trovarsi di fronte «il più difficile di tutti i problemi fenomenologici, quello dell’analisi del tempo», HUA X, p. 276.
[3] Rivolgerò quindi la mia attenzione in primo luogo alle riflessioni che si trovano esposte nei testi prima raccolti da Edith Stein, poi pubblicati da Heidegger e infine confluiti, assieme ai corrispettivi manoscritti di cui si è a disposizione, nel volume X degli Husserliana. Se è vero che i riferimenti alla memoria si trovano disseminati nella maggior parte degli scritti di Husserl, è tuttavia corretto affermare, come sostiene Brough, che «gli elementi fondamentali della sua teoria» si trovano esposti in questi testi, J. B. Brough, Husserl on Memory, «The Monist», 59(1), 1972, p. 40. Per le vicende relative alla pubblicazione delle Zeitvorlesungen si vedano in particolare R. Böhm, Einleitung des Herausgegebers, in HUA X, 1966, pp. xiii-xliii e R. Bernet, Husserl’s Early Time-Analysis in Historical Context, «Journal of the British Society for Phenomenology», 40 (2), 2009, pp. 117-154.
[4] Su questo di veda M. R. Kelly, Phenomenology and the Problem of Time, Palgrave, London 2016, pp. 38 sgg.
[5] L’analisi della memoria, nelle sua varie declinazioni – ovvero, sia come ricordo che come ritenzione – resterà centrale nelle riflessioni di Husserl, e proseguirà poi in altri due luoghi classici, ossia i Manoscritti di Bernau del 1917-1918 (HUA XXXIII) e i cosiddetti Manoscritti-C, del periodo 1929-1934. Per una panoramica sulle differenze e sulle continuità di prospettiva con i Bernaue Manuskripte si vedano M. Summa, Il tempo della coscienza: I ‘Bernauer Manuskripte’ di Husserl, «Oltrecorrente», 10, 2005, pp. 151-160, R. Bernet, Husserl’s New Phenomenology of Time Consciousness in the Bernau Manuscripts, in On Time. New Contributions to the Husserlian Phenomenology of Time, Lohmar D., Yamaguchi I. (eds.), Springer, Dordrecht 2010, pp. 1-19, , M. Ronzoni, Die Bernauer Manuskripte über das Zeitbewußtsein (1917-1918). Brevi note su un approccio genetico al problema della temporalità, «Leitmotiv», 3, 2003, pp. 275-283; per i Manoscritti-C si veda D. Lohmar, Einleitung des Herausgebers, in HUA XXXIII, pp. xiii-xx.
[6] P. Ricoeur, Tempo e Racconto, Vol. 3, Jaca Book, Milano 1988, pp. 52-53.
[7] HUA XI, p. 326, corsivo nostro.
[8] HUA XVII, p. 165.
[9] R. Bernet, La vie du sujet. Recherches sur l’interpretation de Husserl dans la phénomenologie, Presses universitaires de France, Paris 1994, p. 245. Bernet prosegue: «Il ricordo conferisce al vissuto effimero – e anche al suo oggetto intenzionale – quella forma stabile che, sola, permette lo sviluppo di una scienza eidetica della coscienza costituente», Ibid.; Si vedano a tal proposito HUA XVII, pp. 163-164 e HUA XI, p. 327.
[10] Si veda a tal proposto D. Chaffin, Edmund Husserl. The Apodicticy of Recollection, «Husserl-Studies», 2, 1985, pp. 3-32.
[11] Su questo aspetto vedi J. B. Brough, Notes On the Absolute Time-Constituting Flow of Consciousness, in On Time, cit., pp. 22 sgg.
[12] Gli studi sulla concezione husserliana del tempo e sul suo sviluppo sono numerosi, tra di essi si vedano K. Held, Lebendige Gegenwart: Die Frage nach der Seinsweise des transzendentalen Ich bei Edmund Husserl, entwickelt am Leitfaden der Zeitproblematik, Martinus Nijhoff, Den Haag 1966, G. Piana, Elementi di una dottrina dell’esperienza. Saggio di filosofia fenomenologica, Il Saggiatore, Milano 1967, D. Zahavi, Self- Awareness and Alterity, Northwestern University Press, Evanston 1999, Id. Inner(Time-)Consciousness, in On Time, cit., pp. 319-339, T. Kortoom, Phenomenology of Time. Edmund Husserl’s Analysis of Time- Consciousness, Kluwer, Dordrecht 2002, A. Schnell, Temporalità iletica e temporalità noematica in Husserl, in «Paradigmi», 2 (32), 2014, pp. 70-96, Id. A. Schnell, Temps et phénomène. La phénoménologie husserlienne du temps (1893-1918), Olms, Hildesheim-Zurich-New York 2004, M. Summa, Costituzione e auto-costituzione temporale della soggettività in E. Husserl, «Elites» 3, 2005, pp. 36-55, N. De Warren, Husserl and the Promise of Time, Cambridge University Press, New York 2009, N. Zippel, Tempo e metodo. Il problema del soggetto nella fenomenologia di Edmund Husserl, NEU, Roma 2008, J. Mensch, Husserl’s Account of our Consciousness of Time, Marquette University Press, Milwaukee 2010, D. Lohmar, I. Yamaguchi, (eds.), On Time. New Contributions to the Husserlian Phenomenology of Time, Springer, Dordrecht 2010, L. Niel, Absoluter Fluss – Urprozess – Urzeitigung. Husserls Phänomenologie der Zeit, Königshausen & Neumann, Würzburg 2011, S. Gallagher, Husserl And the Phenomenology of Temporality, in The Blackwell Companion to the Philosophy of Time, H. Dyke & A. Bardon (eds), Blackwell, Oxford 2013, pp. 135-150, L. Vanzago (ed.), Tempo e mutamento. Prospettive Fenomenologiche, «Paradigmi», 2 (32), 2014; M. R. Kelly, Phenomenology and the Problem of Time, cit.. Per la storia degli effetti di queste posizioni di Husserl, vedi J. Reynolds, Chronopathologies: Time and Politics in Deleuze, Derrida, Analytic Philosophy and Phenomenology, Lexington Books, Lahmen 2012.
[13] C’è una nota controversia sul modo in cui debba essere intesa la nozione di “coscienza assoluta”. Da una parte, c’è chi sostiene che si tratti di un livello coscienziale distinto, ulteriore e più profondo rispetto alla coscienza temporale (cfr. J. B. Brough, Husserl on Memory cit., Id., Notes on the Absolute Time-Constituting Flow of Consciousness, cit.); dall’altra c’è chi sostiene che si tratti soltanto di un modo diverso d’intendere la coscienza temporale stessa (cfr. D. Zahavi, Self- Awareness and Alterity, cit., Id., Inner Time-Consciousness and pre-reflective Self-awareness, in The New Husserl: A Critical Reader, Welton D. (ed.), Indiana University Press, Bloomington 2003, pp. 157-180, Id. Inner(Time-)Consciousness, cit., Id. Il tempo del sé, «Paradigmi», 2 (32), 2014, pp. 31-48; per una panoramica del dibattito si vedano N. De Roo, Revisiting the Zahavi–Brough/Sokolowski Debate, «Husserl Studies», 27(1), 2011, pp. 1-12, J. J. Drummond, The case(s) of self-awareness, in Self- representational approaches to consciousness, U. Kriegel & K. Williford (eds.), MIT Press, Cambridge 2006, pp. 199–220.
[14]J. B. Brough, Husserl on Memory, cit., p. 307.
[15] Si vedano i Manoscritti di Bernau (HUA XXXIII) e i cosiddetti Manoscritti-C (HUAM , VIII).
[16] P. Ricoeur, Tempo e Racconto, cit., p. 42. Husserl stesso non è sempre coerente nell’uso della terminologia, e nella distinzione tra «memoria secondaria» (sekundäre Erinnerung), «memoria primaria» (primäre Erinnerung), «memoria fresca» (frische Erinnerung), etc. In quanto segue, utilizzeremo “memoria” come termine generale; utilizzeremo “rimemorazione” o “rammemorazione” per indicare l’atto della “Wieder-Erinnerung”, e “ritenzione” per indicare la “Retention”.
[17]Per il problema dell’individuazione si vedano R. Bernet, Real Time And Imaginary Time. On The Husserlian Conception Of Temporal Individuation, in Mémoire et souvenir. Six études sur Platon , Aristote, Hegel et Husserl, A. Brancacci-G. Gigliotti (eds.), Bibliopolis, Napoli 2006, pp. 137-164 e J. B. Brough, Some notes on Rudolf Bernet’s Real time and Imaginary time. On the Husserlian conception of temporal individuation, in Mémoire et souvenir, cit. pp. 166-189. Qui ci interesseremo solo a ciò che riguarda, per dirla con lo stesso Bernet, «il modo in cui la rammemorazione (Wiedererinnerung) implica un’individuazione temporale del suo oggetto», R. Bernet, Real Time And Imaginary Time, cit., p. 156. Il tema è trattato in particolare nel Beilage IV – Wiedererinnerung und Konstitution von Zeitobjekten und obiektiver Zeit in HUA X, pp. 107-109. Per il problema più generale dell’individuazione di un oggetto in HUA X, si vedano soprattutto i Seefelder Manuskripte über Individuation, HUA X, pp. 237-268.
[18] HUA X, p. 155, trad. leggermente modificata.
[19] HUA X, p. 108.
[20] R. Bernet, La vie du sujet, cit., p. 237. Per la definizione di tempo oggettivo si veda HUA X, p. 7; per il coordinamento tra tempo oggettivo e soggettivo, p. 72.
[21] Vedi HUA X, p. 57. Per una prima panoramica sull’individuazione percettiva e sul suo valore di condizione sufficiente\necessaria per l’individuazione tout court si vedano le considerazioni di Brough, secondo il quale l’individuazione non po’ essere ridotta alla percezione, J. B. Brough, Some notes on Rudolf Bernet’s Real time and Imaginary time, cit. p. 169.
[22] R. Bernet, Real Time And Imaginary Time, cit., p. 156.
[23] HUA X, p. 108, trad. leggermente modificata.
[24] HUA X, pp. 103-105, 177-186, 198, 262.
[25] HUA X, p. 195.
[26] J. B. Brough, Husserl on Memory, cit., p. 47; vedi anche R. Bernet, Real Time And Imaginary Time, cit., p. 156.
[27] HUA X, p. 173. Al contrario di quanto sostengono diversi interpreti, il paradigma raffigurativo non viene abbandonato dopo pochi anni. Husserl esplora questa opzione (e continua a criticarla) fino ai tempi di Bernau, vedi HUA, XXXIII, p. 86 sgg.
[28] HUA X, p. 152; vedi anche ibid., p. 153: «Ich kann die Folge […] abbildlich […] wiederholen».
[29] HUA X, pp. 165, 169.
[30] HUA X, p 166.
[31] HUA X, p. 191.
[32] HUA X, pp. 182; anche «Bildliche Vorstellung», Ibid. p. 154. Vedi anche HUA XXIII, p. 137. Per uno studio dedicato alla nozione d’immagine in Husserl – in cui si operano alcune distinzioni concettuali importanti, tra cui quella tra Phantasie e Bildvorstellung – si veda, C. Calì, Husserl e l’immagine. Aesthetica (Supplementa, 10), Palermo 2002, oltre che L. Vanzago, Husserl e la doppia vita dell’immaginazione, «Paradigmi», 3, 2009, pp. 17 sgg. Come noto, Husserl aveva rifiutato la teoria della percezione intesa come percezione d’immagini già nelle Ricerche logiche, cfr. Hua XIX/1, p. 436. Tuttavia egli esplorerà, almeno inizialmente, l’idea che la fantasia e la memoria siano coscienza d’immagini.
[33] HUA X, p. 160. «Der erinnerte Inhalt ist “derselbe” wie der wahrgenommene, aber er ist sein Bild». Qui peraltro si vede già l’esitazione di Husserl, che da una parte afferma che il contenuto «è lo stesso», ma poi dall’altra dice anche che «è la sua immagine». È significativo che il termine “stesso” sia inserito tra virgolette.
[34] Husserl assume sempre il vissuto “originale” come vissuto percettivo. I casi più complessi – come ad esempio, poniamo, il “ricordarsi di essersi immaginati qualcosa” – sono derivativi rispetto al caso della rimemorazione di una percezione.
[35] HUA X, p. 160.
[36] HUA X, pp. 59, 182, 184.
[37] HUA X, p. 184.
[38] Vedi HUA X, pp. 177 e sgg. Per l’esempio della fotografia HUA X, p. 180. In HUA XI, p. 305 Husserl afferma: «Die Erinnerung birgt aber nicht in sich die Wahrnehmung eines ersten Gegenstandes, in dem sich ein zweiter bewußtseinsmäßig verähnlicht».Vedi anche R. Bernet, Real Time And Imaginary Time, cit., p. 156.
[39] Ibid., corsivo mio, trad. leggermente modificata.
[40] Ricordare un evento (come la presa della Bastiglia), ribadirà Husserl, non è come guardare una cartolina che raffiguri la presa della Bastiglia o l’ esecuzione capitale di Carlo II, cfr. HUA X, p. 184.
[41] HUA X, p. 184.
[42] HUA X, pp. 34 e 316; si veda anche ibid., p. 309, dove Husserl è chiaro: «Sappiamo che “passato”, quando si parla di memoria, non vuol dire che noi nel ricordo attuale ci facciamo un’immagine del precedente». Tale abbandono è da datare, secondo Brough, intorno agli anni 1904 -1905, vedi J. B. Brough, Husserl on Memory, cit.. In realtà, come abbiamo detto, il paradigma continuerà ad occupare le riflessioni di Husserl anche negli anni di Berna, vedi HUA, XXXIII, p. 86 sgg.
[43] HUA XI, p. 304. Su questo cfr. G. Piana, Elementi di una dottrina dell’esperienza, cit., p. 148.
[44] HUA XIX/1, p. 397.
[45] HUA X, p. 319.
[46] HUA XIX/1, p. 399.
[47] Ibid., p. 398. Su questo cfr. anche J. B. Brough, Husserl on Memory, cit. pp. 303-306.
[48] HUA X, p. 185.
[49] HUA X, p. 104. Mentre la materia è intemporale, «die Auffassung, welche di Erscheinung das Objekts zustandebringt, entählt die Zeitcharaktere, die Zeit ist eine Form der Objektivität, sie konstituiert sich im Momenten der objektivierenden Auffassung. Die unzeitiche Materie kann objektiviert werden nur in einer Zeitform, anderseits ist die so erwachende Objekterscheinung jetzt wieder nicht konkret vollständig», HUA X, p. 417
[50] HUA X, p. 174, corsivo nostro, trad. modificata; vedi anche Ibid., pp. 175 e 310-11.
[51] HUA X p. 57.
[52] HUA I, p. 81.
[53] HUA III\1, p. 88.
[54] HUA X, pp. 119, 207.
[55] Husserl aveva già individuato il problema trattando della “riflessione” nelle sue Ricerche logiche: si tratta di «una difficoltà spesso evocata» secondo cui «nel passaggio dal compimento naive degli atti all’atteggiamento della riflessione […] i primi atti si mutano necessariamente» HUA XIX\1, p. 15. Molti interpreti hanno messo in luce il problema del regresso relativo alla riflessione: si vedano a proposito le discussioni N. Liankang, Urbewußtsein und Reflexion bei Husserl, in «Husserl Studies», 5 (1), 1998, p. 83 e T. Damast, Zum Problem einer Theorie der Reflexion bei Husserl, in Bewußtsein und Zeitlichkeit. Ein Problemschnitt durch die Philosophie der Neuzeit, hrsg. v. Busche, H. – Heffernan, G. – Lohmar, D. Königshausen & Neumann, Würzburg 1990, p. 204. Sono meno numerosi gli interpreti che hanno messo in evidenza la tematica riguardo alla rammemorazione. N. De Warren, Husserl and the Promise of Time, cit., p. 182 ne parla in riferimento alla ritenzione.
[56] HUA X, p. 201, trad. leggermente modificata; per una domanda simile sulla Anschauung di un’altra relazione, quella di successione, vedi HUA X, p. 236.
[57] Husserl stesso, parlando della memoria-immagine, aveva detto: «Un paragone tra il non più percepito e meramente ricordato con qualcosa fuori di sé non ha alcun senso», HUA X 182.
[58] HUA X, p. 186, trad. leggermente modificata.
[59] HUA X, p. 319.
[60] R. Bernet, La vie du sujet, cit., p. 229.
[61] Su questo punto, si veda anche M. R. Kelly, Phenomenology and the Problem of Time, cit., p. 76, la quale, parlando della memoria primaria concepita secondo il modello, scrive: «il risultato è che questo modello rende i momenti della percezione [ossia impressione e memoria primaria] simultanei».
[62] Malgrado la prima occorrenza del termine “ritenzione” si abbia, come noto, nel 1904, in quel luogo il termine non viene utilizzato da Husserl nell’accezione che acquisirà successivamente. Su questo si vedano le considerazioni di R. Böhm, Einleitung des Herausgegebers, cit., p. 211 n. 1, oltre che le osservazioni di R. Bernet, Die ungegenwärtige Gegenwart. Anwesenheit und Abwesenheit in Husserls Analyse des Zeitbewußtseins, in Zeit und Zeitlichkeit bei Husserl und Heidegger, hrsg. v. E.W. Orth, Alberg Verlag, Freiburg i.B-München 1983, p. 48. Intendiamo qui il termine nel suo significato più maturo, vedi V. Costa, L’estetica trascendentale fenomenologica. Sensibilità e razionalità nell’opera di Edmund Husserl, Vita e Pensiero, Milano 1999, pp. 105 sgg.
[63] La definizione di queste fasi e il rapporto tra di esse varierà molto nel tempo. Inizialmente infatti Husserl dedica poche riflessioni alla “protensione” e al rapporto “ritenzione”-“protensione”, che invece diverrà centrale negli scritti più tardi, vedi N. De Warren, Husserl and the Promise of Time, cit., J. B. Brough, Notes on the Absolute Time-Constituting Flow of Consciousness, cit., R. Bernet, Husserl’s New Phenomenology of Time Consciousness, cit., K. Held, Lebendige Gegenwart, cit..
[64] Questo genere di diagrammi si ripetono con frequenza nei testi di Husserl, cfr. HUA X, p. 73; HUA XXXIII, p. 326, li si ritrova anche nelle analisi di tutti suoi commentatori.
[65] Qui ci serviamo di un vocabolario temporale, e seguendo quanto fa Husserl parleremo di fasi “successive”, nonostante egli stesso dica che non è consentito localizzare temporalmente tali fasi. Per i problemi insiti nella resa linguistica del flusso assoluto si veda infra, nota 13 e J. B. Brough, Notes on the Absolute Time-Constituting Flow of Consciousness, cit., p. 31.
[66] HUA, X p. 190. Per una discussione della metafora dell’eco si veda N. De Warren, Husserl and the Promise of Time, cit., p. 170.
[67] R. Bernet, Die ungegenwärtige Gegenwart, cit., p. 36.
[68] Vedi anche HUA, X, p. 199. Per un elenco delle differenze tra rimemorazione e ritenzione si veda D. Zahavi, Self- Awareness and Alterity, p. 66 sgg. e M. R. Kelly, Phenomenology and the Problem of Time, cit., p. 86.
[69] Rimandiamo agli studi citati in nota 13 per un ulteriore approfondimento. Husserl stesso confessa a più riprese le difficoltà insite nell’esprimere mediante il linguaggio le strutture della coscienza assoluta. Ad esempio, se da una parte ci dice che le fasi del flusso coscienziale assoluto non sono nel tempo, dall’altra sembra contraddirsi, continuando a caratterizzare queste fasi come “flusso”, “processo”, parlando di una “nuova impressione” che sorge, e di “cambiamento” etc. Husserl ci mette notoriamente in guardia dal non farci ammaliare dal vocabolario utilizzato, ammettendo le proprie difficoltà nell’esprimersi («per tutto questo non abbiamo nomi», HUA X, p. 371). Nel trattare del flusso assoluto, il linguaggio di Husserl si fa metaforico, si arricchisce di virgolette, di prefissi come “quasi-,” e di quelli che Lohmar-Yamaguchi chiamano «enunciati paradossali», D. Lohmar, I. Yamaguchi, (eds.), On Time, cit., p. xiii. Uno di essi potrebbe essere forse la frase: «Il cambiamento non è un cambiamento» (Die veränderung ist keine Veränderung) utilizzata per descrivere il flusso assoluto, vedi HUA X, p. 236.
[70] HUA X, p. 41, vedi anche ibid., p. 417.
[71] Nella ritenzione, l’impressione originaria non è rappresentata raffigurativamente (bildmäßig). Essa, ci dice Husserl, non va neppure assolutamente intesa secondo lo schema Auffassung-Auffassungsinhalt: «La coscienza ritenzionale contiene una reale coscienza del passato (Vergangenheitsbewusstsein) della nota, del ricordo primario della nota, e non va divisa in nota sentita (Empfunden) e affezione in quanto memoria», HUA X, p. 32; cfr. anche HUA X, p. 32: «sie ist ein originäres Bewussteins».
[72] Si veda solo l’affermazione riassuntiva di R. Bernet, Die ungegenwärtige Gegenwart, cit., p. 43: «Die Retention ist somit intentionales, aktuelles und anschauliches Bewusstsein einer Verangenen Bewusstseinsaktualität, die aktuell festehalten, jedoch nicht als intentionaler Gegenstand erfahren wird». Come sostiene Derrida: «bisogna mantenere la ritenzione nella sfera della certezza originaria», e ancora «così, nella ritenzione, la presentazione che si dona al vedere fornisce un non-presente, un presente-passato», J. Derrida, La voix et le phénomène. Introduction au problème du signe dans la phénoménologie de Husserl, Presses Universitaires de France, Paris 1967, tr. it. a cura di G. Dalmasso, con una postfazione di V. Costa, Jaca Book, Milano 1968), p. 97. Per il rapporto Husserl-Derrida su questi temi si veda R. Bernet, Differenz und Anwesenheit. Derridas und Husserls Phänomenologie der Sprache, der Zeit, der Geschichte, der wissenschaftlichen Rationalität, «Phänomenologische Forschungen», 18, 1986, pp. 51-112.
[73] P. Ricoeur, Tempo e Racconto, cit., p. 45.
[74] HUA X, p. 34, come afferma Bernet, «la maggior parte delle formulazioni di Husserl lasciano poco adito al dubbio: una ritenzione è un mero “gancio” (Anhängel) della coscienza impressionale originaria dell’adesso (des urimpressionalen Jetztbewusstseins)», R. Bernet, Die ungegenwärtige Gegenwart, cit., p. 44.
[75] «Ogni memoria è in sé una continua modificazione, che porta al suo interno, per così dire, sotto forma di una serie di adombramenti, l’eredità di tutto lo sviluppo precedente», HUA X, p. 327, vedi anche ibid., pp. 29-30.
[76] secondo un modello in cui ogni fase ritentiva porta in sé la precedente impressione e tutte le precedenti ritenzioni, contenendole in sé attualmente in qualità di loro modificazione, come «ritenzione di ritenzioni», HUA X, p. 81; ciò rappresenta la possibilità di auto-appercezione del flusso.
[77] HUA X, p. 332; e ibid., p. 328: «Da sind Undendlichkeiten ineinander geschachtelt».
[78] HUA X, p. 328, trad. leggermente modificata.
[79] «Alcuni testi di Husserl sembrano puntare interamente in questa direzione», R. Bernet, Die ungegenwärtige Gegenwart, cit., p. 45.
[80] Affermando che la ritenzione è «sì presente, ma caratterizzata come modificazione di un’altra coscienza; e ciò che viene reso cosciente è caratterizzato come modificazione di qualcos’altro», HUA XXXVIII, p 210. Vedi anche HUA X, p. 190, detta anche «radikale Änderung». A tal proposito si veda l’analisi di P. Ricoeur, Tempo e Racconto, cit., p. 48.
[81] HUA X, p. 118, corsivo nostro.
[82] R. Bernet, Die ungegenwärtige Gegenwart, cit., p. 45. Lo stesso Husserl, rifiutando il modello Auffassung/Auffassungsinhalt – ossia rifiutando di comprendere la “ritenzione” come un’apprensione di un certo dato impressionale – dice che «sicuramente le ritenzioni originarie (Urretentionen) non sono quindi fondate» su di una Ur-impression, vedi HUA XXXIII, p. 216.
[83] HUA X, p. 343.
[84] HUA X, 316, trad. leggermente modificata.
[85] Ibid., p. 50.
[86] D. Chaffin, Edmund Husserl. The Apodicticy of Recollection, cit. p. 4.Come sostiene Bernet, Husserl sembra derivare la presenza dell’ora-esistente dall’assenza del non-ora, R. Bernet, Die ungegenwärtige Gegenwart, cit., p. 86.
[87] Già in HUA X, p. 355.
[88] P. Ricoeur, Tempo e Racconto, cit., p. 56.
[89] HUA X, p. 355.