Giovanni Perazzoli, COMPLOTTISMO…E CULTURA . La narrativa complottista è la sola ricetta di tanta “letteratura critica”. Un saggio (davvero) irriverente
Il fenomeno della de-personificazione spiega anche perché nelle teorie complottiste possano personalizzarsi eventi che hanno una natura oggettiva, fattuale. Il complottista tende a credere, ad esempio, che la tal crisi economica mondiale sia stata voluta e organizzata nei minimi dettagli da un gruppo ristretto di persone, di famiglie, da una élite di finanzieri ecc. Ma appunto la personificazione di eventi storici o naturali funziona solo a partire dall’assunzione di attori spersonalizzati dotati di un potere enorme e irrealistico. Un fenomeno, questo, che si riscontra nelle religioni, dove i fenomeni naturali o storici sono attribuiti a un autore divino, dotato di un potere infinito, dunque spersonalizzato. Il complottismo non è politica, ma una sorta di teologia secolarizzata. È una variante della metafisica, una metafisica negativa, come quella gnostica.
Il fine del complotto
Un altro aspetto centrale della fenomenologia complottista riguarda il fine del complotto. Anche qui troviamo una forma ricorrente comune ai miti e alle religioni. Il complotto-complottista è eversivo. Ma è eversivo rispetto a che cosa? Il complotto-complottista è eversivo rispetto ad un Ordine inteso come un valore ontologicamente assoluto: la natura, la tradizione, la patria, la biologia, la morale comunitaria, la religione ecc.
Il linguaggio è indicativo. Il plot registra un doloroso “sradicamento”, una “separazione” da un Ordine fondante. Entra in scena una figura ricorrente e molto fortunata: la scissione. Il vocabolario di ogni rivoluzionario, di ogni populista, di ogni reazionario, di ogni leader religioso, è sempre percorso dal bisogno di porre rimedio a scissioni, separazioni, alienazioni, cadute, sradicamenti. La scissione è una formula ricorrente delle mitologie e delle religioni per spiegare l’origine del Male: c’è un’Unità originaria che viene scissa da una volontà maligna, che ha la stessa parte in commedia che ha il serpente nell’allontanare l’uomo dal paradiso terrestre e consegnarlo alla storia (la storia: il regno della scissione, della finitezza, del lavoro, della morte ecc.). Al lessico della crisi come “separazione” va aggiunta l’ultima novità lessicale: la “liquidità”, la “società liquida” di Zygmunt Bauman. Sull’altro lato, si trova il corrispettivo bisogno di recuperare un’identità, una tradizione, un insieme di valori comunitari. Un certo tipo di ideologie rivoluzionarie tendono spesso a vedere nella rivoluzione non tanto un futuro, quanto il ripristino nel futuro di una realtà violata nel passato. Questo spiega perché, generalmente, il complottista/populista inventi un passato deculturalizzato, privo di realtà storica (l’ampolla del Po’ della Lega, la razza ariana dei nazisti, la Roma dei fascisti, l’Islam immaginario dei fondamentalisti ecc.) che qualcosa (la modernità, il neoliberismo, le plutocrazie ecc.) ha mandato in frantumi. Questo tipo di retorica costituisce una radice comune di molte ideologie di destra e di sinistra.
Una forma ricorrente dell’alterazione dell’ordine si esprime nella tante idee di avvelenamento, simbolico o reale, che popolano la fantasia complottista. C’è un’interessante tesi storiografica che individua la scintilla della Rivoluzione francese nella convinzione, diffusasi nelle campagne, che fosse stato ordito un complotto a Parigi, nella città, per avvelenare i contadini delle campagne. L’aristocrazia parigina, ovvero il gruppo di potere identificato come compatto e dotato di un potere soverchiante, si sarebbe proposto lo scopo disumano (e insensato) di avvelenare i contadini [2].
Il plot dell’avvelenamento può variare per grado di concretezza. Nei complotti più grossolani l’avvelenamento non ha niente di metaforico. Un esempio è la paura delle cosiddette “scie chimiche”. Esiste un piano (conosciuto dal solito ristretto, lontano, spersonalizzato, gruppo di persone) per irrorare i cieli di una sostanza chimica con lo scopo nascosto, senza che nulla trapeli (nonostante si presupponga l’impiego di ingenti mezzi, decine e decine di aerei e di piloti), di avvelenare (contaminare, ecc.) la popolazione, e questo allo scopo di realizzare una manipolazione biologica dell’uomo. Si noti: la manipolazione biologica è una costante che si ritrova a livelli insospettabili di elaborazione “dottrinale”.