D’Holbach e le rivoluzioni del globo

Giovanni Cristani, D’Holbach e le rivoluzioni del globo. Scienze della terra e filosofie della natura nell’età dell’Encyclopédie

Giovanni Cristani, D’Holbach e le rivoluzioni del globo. Scienze della terra e filosofie della natura nell’età dell’Encyclopédie
Leo S. Olschki Editore, Firenze, 2003
(collana Pansophia. Testi e studi sulla modernità, n° 5)

di Alessandro Ottaviani

Il libro di Giovanni Cristani, dedicato ad una ricostruzione delle teorie ‘geologiche’ di Paul-Henri Thiry, barone d’Holbach, va senz’altro salutato come un’ulteriore riprova della buona tradizione di studi italiani del settore, nei modi in cui questa è stata inaugurata nel 1979 da Paolo Rossi con la pubblicazione de I segni del tempo. Storia della terra e storia delle nazioni da Hooke a Vico; estensione e approfondimento problematico delle “sterminate antichità vichiane”, la monografia di Rossi ha avuto il merito indiscutibile, in un contesto in cui non mancava una tradizione di studi “disciplinare” (a volte anche meritoria, se si pensa ai ben informati medaglioni di Bruno Accordi, su Agostino Scilla, Paolo Boccone o Ferrante Imperato) di cogliere invece lo statuto eminentemente “aperto” della questione sull’origine dei fossili e della della terra, come momento di un dibattito in cui le ragioni, della filosofia, della teologia e dell’antiquaria avevano pari domicilio di quelle della historia naturalis. Il libro di Rossi, all’epoca della sua uscita, si è dunque immediatamente sintonizzato, ponendosi esso stesso come modello, con una tendenza più generale invalsa in Francia, come in Inghilterra e negli Stati Uniti d’America (basti pensare a Rudwick, Oldroyd, Porter, Rappaport, Laudan, Gould, Halleux, Ellenberger, Gohau, per citare solo alcuni degli studiosi), e che in Italia ha dato, oltre ai successivi interventi di Rossi medesimo, buoni frutti: si pensi ai diversi lavori della Morello, alla monografa di Pasini su Burnet, di Ciancio su Fortis, di Vaccari su Arduino, di Bettini sui worldmakers inglesi.

Questa premessa non è senza motivo: ma piuttosto indispensabile per capire il contesto in cui cade il doppio filo che innerva il libro di Cristani, perché se da un lato è intenzione dello studioso confutare una ricorrente tendenza storiografica che ha in buona sostanza letto gli interessi chimici, mineralogici e geologici di d’Holbach in chiave di “dilettantismo”, dall’altro si deve indicare uno dei meriti di questo libro anche nell’aver opportunamente rilevato i modi in cui quegli interessi, una volta sottratti a quella lettura, si siano profondamente intrecciati in d’Holbach, non senza subire strategiche e consapevoli operazioni di semplificazione, alle esigenze teoriche generali che confluiranno nel Système de la nature del 1770.

Dal punto di vista della struttura il libro è suddiviso in quattro capitoli, il primo dei quali intitolato Dalla mineralogia alla geologia; il secondo Una teoria della terra; il terzo Le rivoluzioni del globo e il sistema della natura; il quarto, infine, La «vulgata geologica» di d’Holbach e Boulanger. Segue la bibliografia delle opere citate e un indice dei nomi.

Compito principale dei primi tre capitoli, come si diceva poc’anzi, è quello di fornire un esame ravvicinato e dettagliato della produzione scientifica di d’Holbach, la quale si condensa sostanzialmente lungo due direttrici, cronologicamente parallele, vale a dire quella legata alla traduzione di opere di metallurgia, mineralogia, geologia e di chimica in lingua francese e quella relativa alla stesura delle voci confluite nella “intensa e ininterrotta attività di collaborazione all’ Encyclopédie” di Diderot e d’Alambert.

In merito al primo filone Cristani individua con molta opportunità la specificità e la conseguente ricaduta del lavoro di traduttore di d’Holbach, connesse al merito di aver tramite questo favorito la circolazione presso l’ambiente francese di un cospiscuo arsenale di opere proveniente dall’area germanica e svedese, opere tutte caratterizzate da uno spiccato interesse per il “momento” tecnico e sperimentale, lungo una linea che trovava in Giorgio Agricola il suo più autorevole modello archetipico. Il lavoro di traduzione compiuto da d’Holbach di opere, tutte pienamente inserite nell’attualità della ricerca scientifica (meritano di essere ricordati almeno la Minéralogie dello svedese Wallerius, l’Introduction à la mineralogie e la Pyritologie di Henckel, la Chimie métallurgique di Gellert, e le Oeuvres métallurgiques di Orschall), è stato da Cristani in maniera convincente individuato come opportuno pendant alla enucleazione di alcune opzioni teoriche e metodologiche entro le quali d’Holbach va compiendo il suo personale passaggio “dalla mineralogia alla geologia”, rintracciabile dalla lettura delle coeve voci enciclopediche; coordinate che Cristani sintetizza come “felice connessione fra elementi teorici, analisi di laboratorio e pratica empirica” intesa da d’Holbach come “modello di una scienza saldamente legata all’esperienza, da rivalutare nei confronti della fisica speculativa o sistematica” (p. 7, corsivi nel testo). E va detto a tal proposito che la parte forse più persuasiva del lavoro di Cristani risiede proprio nella felice intuizione che il carattere epifenomenicamente frammentario delle pagine geologiche di d’Holbach, necessario portato della struttura lemmatizzata dell’Encyclopédie, non si sottragga alla possibilità di dedurre una più generale concezione, implicitamente sottesa. A corroborare siffatta tesi sono i riusciti paragrafi dedicati ad alcune questioni nodali della querelle settecentesca sulla storia e sulla struttura della terra, quali le Rivoluzione generali e locali, la permutazione fra oceani e continenti, l’inclinazione dell’asse terrestre e i fuochi sotterranei, sui quali l’analisi delle voci consente di ricostruire la posizione di volta in volta assunta da d’Holbach, maturata sempre alla luce di un più largo contesto di interlocutori, a volte determinanti nell’orientare i singoli pronunciamenti, fra cui spiccano i nomi di Rouelle e Boulanger. Il dialettico compenetrarsi delle suggestioni recepite dal lavoro di traduzione (e qui il pensiero va ad esempio al ruolo giocato dalla teorie proprie della scuola stahliane della circolazione chimica degli elementi sulla holbachiana teoria della ciclicità della materia esposta nel Système) e il parallelo tentativo, tramite il fecondo confronto con gli esponenti della scienza francese riunita al Jardin du Roy e all’Académie Royale des sciences, di elaborare una personale e aggiornata concezione “geologica”, consente a Cristani di offrire una lettura del Système del 1770, nella quale si mostra come l’approccio schiettamente teorico, che, come si diceva, è stato sovente indicato come segno di “dilettantismo”, richieda piuttosto di essere messo a sistema con tutto questo retroterra, strategicamente filtrato da d’Holbach, poiché avvertito come prontamente richiamabile alla mente dal lettore addetto ai lavori, e come ridondante per un lettore poco avvertito della specificità dei problemi. Chiude la monografia una non meno interessante ricognizione delle tracce del Fortleben che le congiunte teorie di d’Holbach e Boulanger intrattengono con l’ambiente francese, da Buffon a Desmarest per finire a Lamarck a Cuvier, nel corso della quale Cristani coglie la fertilità, fra adesioni e prese di distanza, dei temi holbachiani, i quali, appartenendo appieno al ribadito e strutturale congiungersi dei temi della historia naturalis con la storia dell’uomo, con l’antiquaria e con il ricorrente richiamo alla prisca sapientia, destinati ad essere via via espunti dalla geologia ottocentesca, “avrebbero mantenuto a lungo la loro funzione di suggestiva rappresentazione ‘popolare’ degli esiti delle nuove scienze della Terra e non avrebbero mancato di continuare ad esercitare un influsso, non trascurabile, sia nell’ambito specifico ei naturalisti di ‘professionali’, sia, soprattutto tra un pubblico più ampio” (p. 172).

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