Idee n° 48, Rivista di filosofia

Idee n° 48, Rivista di filosofia
Milella, Lecce, 2001

di Carla Fabiani

Dioniso è lo stesso che Ade
L’ethos per l’uomo è demone (da Eraclito)


Presentiamo con interesse e piacere all’attenzione dei lettori il n° 48 di Idee, rivista filosofica curata da Mario Signore (Università di Lecce), nella quale vengono raccolti 9 interventi sul tema del mito: il rapporto del mito con il logos e più in generale con la filosofia, dalle sue origini fino ai nostri giorni.
Prae dicendum. La dimensione greca del mito (I. De Gennaro); La comunità del mito (V.Cesarone); Nietzsche e il mistero di Osiride secondo Erodoto e Plutarco (G. Biondi): ecco alcuni titoli che vorremmo in particolare segnalare come primo passo - beninteso tutto da approfondire - per chi intenda accostarsi al fascino che il pensiero del mito non può non destare in chi lo voglia attingere filosoficamente, alle origini del pensiero filosofico, rintracciandone poi la presenza nel cammino storico della filosofia e nei testi classici antichi e moderni.
L’intento è didattico; la lettura che qui presentiamo, vorrebbe stimolare proprio il piacere speculativo di filosofare - certo filosofare sui classici e secondo modalità correttamente intese - ossia quel piacere disinteressato del pensare di cui eminentemente Aristotele ci ha lasciato testimonianza, non senza aggiungere che “In generale, il carattere che distingue chi sa rispetto a chi non sa, è l’essere capace di insegnare.” (Metafisica, A, 1, 981b). Ed è proprio con questo spirito speculativo e didattico insieme che vorremmo presentare qui Idee.
“Una raccolta di riflessioni sul mito ci riporta ad un esercizio complesso in cui la ragione viene sospinta a confrontarsi con l’altro da sé, e qualche volta a scontrarsi titanicamente con un antagonista irriducibile. La coppia concettuale mythos/logos ha sollecitato da sempre le intelligenze ed ha provocato interrogazioni, che ancora non trovano risposte definitive. Oggi, ancora, non è possibile prefigurare il trionfo dell’uno sull’altro. […] Abbiamo insistito sul rapporto, intrigante in verità per il filosofo, che il mito instaura con la realtà, con la storia, con l’esistenza e quindi con il processo demitizzazione/ermeneutica e la problematica del “senso”, perché ci pare che proprio questa relazione dialettica posta, guarda caso e non a caso, dal teologo, fa uscire definitivamente il mito dalle secche della sterile e sterilizzante prospettiva illuministica, intesa a svuotarlo di significato, e gli ridona quella dignità di portatore di “senso”, di serbatoio di senso, che solo un’adeguata attitudine ermeneutica è in grado di rivelare. In questa prospettiva, da un lato il mito esprime l’incontrovertibile e intrascendibile bisogno dell’uomo di fare sintesi, di elaborare momenti temporanei, sia pur precari, di convergenza di significati, di episteme “debole”, in attesa e accanto all’epistemologia forte dei saperi scientifici. Dall’altro lato, il mito si pone come irrinunciabile “parola” polisemica, come apertura di significati, come infinita trascendenza di senso: il mito come adeguata risposta all’inadeguatezza della lettura geometrica della realtà complessa. […] Nell’eterogeneità delle impostazioni abbiamo voluto cogliere l’unitaria intenzione di “pensare il mito”, come un impegno non trascurabile del filosofo, e di ciò la rivista “Idee” è grata agli autori dei diversi contributi.” (Idee, Premessa, p.7-13)

Vediamo allora più da vicino uno dei contributi che, quanto mai opportunamente, si pone la domanda che cosa sia il mito ovvero come il mito sia stato pensato in riferimento ed entro la “comunità”.

La comunità del mito (autore Virgilio Cesarone)
“Nel corso degli ultimi anni nel dibattito filosofico ha ricevuto un crescente interesse un tema che a lungo sembrava dimenticato, la comunità.[…] Tuttavia questa rivalutazione della comunità viene accompagnata da un costante rifiuto di pensarla come costituita intorno al mito. Il mito fondatore infatti non farebbe altro che riportarci a quelle comunità basantesi su “sangue e suolo”, prive di quel sapere critico che appare irrinunciabile per un nuovo discorso sulla comunanza tra gli uomini. […] In questo breve lavoro però non intendo entrare nel merito della discussione sulla comunità […] quanto cercare di porre in luce le connessioni tra mito e comunità con particolare attenzione al ruolo che il concetto di verità svolge all’interno di tale rapporto.” (pp. 103-104)
Il contributo di V. Cesarone al tema del mito prende le mosse dall’esame attento - e corredato da ampia bibliografia in nota - della nozione di “sostanza mitica”, la quale, aristotelicamente parlando, non può che presentarsi come un vero e proprio ossimoro. La sostanza aristotelica è ciò che permane nonostante gli accidenti, può venire predicata, ma non può predicare altre sostanze. “Nella stessa Metafisica, dove Aristotele afferma ciò, si annuncia nel contempo a chiare lettere la fine dell’età del mito” (Idee, p.105) Insomma, il vero è sostanza, la quale non può che costituire il contenuto filosofico primo; la filosofia essendo l’unico modo di ricercare il vero nelle cose. Il mito perciò è definitivamente escluso e superato dal percorso conoscitivo.
“A partire da questi ovvi presupposti potrebbe destare perplessità l’accostamento dei termini mito e sostanza da parte di Eugen Fink. […] Esibendo chiaramente il proprio debito nei confronti di Martin Heidegger, Fink afferma che l’uomo ha sempre - miticamente o scientificamente - un’autocomprensione, una relazione verso il proprio essere, che gli è determinata dal precedente aprirsi dell’essere stesso. Una apertura che l’uomo vive però non individualmente, ma che si fonda in una comunità, intesa come comunità linguistica che interpreta l’essere.” (Ibidem) Anche il mito perciò, ne consegue, ha sostanza ovvero anche il mito interpreta l’essere e lo interpreta nel quadro di una determinata comunità, di una determinata vita etica. Il riferimento, indicatoci ampiamente da V. Cesarone, è all’interpretazione gadameriana della Teogonia di Esiodo: la legittimazione divina e mitica del diritto permette e conserva la socializzazione degli uomini. Il legame mitico suggella il legame sociale quale ordine naturale della vita in comune.
La domanda che l’Autore pone al testo e alla teoria di Fink potrebbe riassumersi nella richiesta di spiegazioni intorno al passaggio e alla sostituzione che storicamente è avvenuta del mito con la filosofia.
Perché, a un certo punto, la sostanza mitica, a cui si dà atto di essersi appieno dispiegata nella storia, viene sostituita dalla sostanza filosofica ? Perché entra, per così dire, in crisi ?
La figura di Socrate - l’individuo che rompe la ‘chiusura’ della società e/o della sostanza mitica - pone in evidenza quella contesa fra mito e filosofia che secondo Joachim Ritter viene definitivamente ricomposta da Aristotele in favore della seconda, intesa come scienza teoretica. Tuttavia, sottolinea l’Autore, la comunità è salvaguardata proprio dall’intento esplicitamente etico-pedagogico della scienza teoretica: il vero è oggetto divino di conoscenza la quale, per ciò stesso, intesa come teologia, fonda le altre scienze distinte da Aristotele in poietiche e pratiche. Insomma, la filosofia, così delineata, non sarebbe solo un cammino di conoscenza, avulso da problemi e tematiche di ordine etico, pratico e divino; quest’ultimo ambito, anzi, fonderebbe - e, si potrebbe suggerire, continuerebbe a fondare così come nel mito - la vita umana in comune.
L’Autore passa successivamente alla lettura heideggeriana della nozione di “comunità”, proprio rintracciando in essa risposte filosoficamente stimolanti, non per forza definitive, ma certamente poste nella direzione di una possibile concezione unitaria del mito e della filosofia. Unità che può rintracciarsi proprio nella “[com]partecipazione allo svelamento della verità - non riferita certo ad un ceppo etnico o ad una razza, ma alla ‘soggettività’ del soggetto - [che] rimane indistinta nell’uomo mitico e nell’uomo post-mitico.” (Idee, p. 120), nell’uomo di Esiodo e nell’uomo di Aristotele, nella sostanza mitica e in quella filosofica.
In altri termini, sarebbe appunto indistinto il disvelamento veritativo dell’essere sia nella comunità mitica sia in quella post-mitica. “Certo il problema che si pone è quello di spiegarsi il motivo di tale passaggio, del cambiamento.” (Ibidem) Cogliere l’essere nello svolgimento della storia della metafisica potrebbe essere la strada heideggeriana che V. Cesarone ci indica in questa sede. Ciò non toglie in ogni caso che l’essere nel mito, inteso proprio come essere nella verità, possa coagulare intorno a sé una forma comune di vita, anche quella moderna.

Vogliamo concludere questa breve recensione ponendo due domande a Virgilio Cesarone

1.Domanda
Volevamo gentilmente sapere da Lei - se abbiamo ben interpretato il Suo testo - in che senso il mito viene accostato o identificato al ‘divino’; e cioè se secondo Lei sia possibile una continuità di senso tra le due nozioni, innanzitutto sul piano della storia della filosofia e dei testi classici antichi e moderni. In altre parole, secondo Lei, ciò che permane nel passaggio dalla ‘sostanza mitica’ (Esiodo) a quella ‘metafisica’ (Aristotele) è il carattere divino di entrambe ?

1.Risposta
Un breve ed interessante saggio di Kereny mostra come con il termine to theion i primi filosofi greci intendessero nient’altro che ciò che oggi chiamiamo essere. Detto questo è chiaro non solo, a mio modestissimo parere, che esiste una continuità tra mito e filosofia, ma non tanto nella modalità di esprimere ciò che veniva chiamato to theion, quanto nell’ “oggetto”, se così possiamo chiamarlo. È chiaro che questo oggetto si mostra altrimenti se viene narrato o riflettuto.

2.Domanda
Ecco, ci chiedevamo, leggendo il Suo saggio, se a Suo parere il ‘passaggio’ dal mito alla metafisica o alla filosofia non sia piuttosto un mancato passaggio: come a dire che là dove si scorge la comunità - e quindi anche la comunità non più mitica - vi è pur sempre il mito, seppure non in evidenza, almeno come possibilità sempre aperta.

2.Risposta
L’intento del saggio consente di mostrare come la comunità non possa fare a meno di un mito; essa può vivere solo di un mito, anteriore rispetto alla facoltà analitica, e quindi scomponente, della ragione.
SocialTwist Tell-a-Friend
Feed Filosofia.it

Cerca tra le risorse

AUDIO



Focus

  • Laicità e filosofia Laicità e filosofia
    Che cosa significa essere laici nel nostro Paese, dove forte è l'influenza politica della Chiesa? Grandi personalità del pensiero e della cultura riflettono, per la prima volta insieme, su questa questione...
    vai alla pagina
  • 1
  • 2

_______________________________________________________________________________________________________________________________________________
www.filosofia.it - reg. ISSN 1722 -9782  Tutti i diritti riservati © 2016