La Repubblica

Domenico Losurdo

 

Il libro di Domenico Losurdo ha suscitato un acceso dibattito sulla stampa ed è già un caso editoriale. Filosofia.it vi propone un resoconto completo degli articoli che si sono occupati del volume.


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La Repubblica 27.12.02

Le interviste immaginarie del professor Losurdo
Quale Nietzsche è stato censurato

In ritardo di due mesi dalla data prevista esce il Nietzsche di Domenico Losurdo (Bollati Boringhieri, pagg. XVI-1167, euro 68). Con ogni evidenza lo slittamento è servito a tagliare le pagine finali dell'Appendice, Come si costruisce l'innocenza di Nietzsche, in cui si accusano Giorgio Colli e Mazzino Montinari di avere occultato un frammento politicamente scorretto. Proprio su Repubblica del 1 ottobre Giuliano Campioni e Franco Volpi avevano respinto nettamente l'accusa: quel frammento era da anni pubblicato in versione completa nell'edizione Adelphi.
Dunque non di censura dei curatori si trattava bensì di maldestra utilizzazione degli apparati fatta da Losurdo. Fin qui, comunque, normale amministrazione. Errori e mende coinvolgono anche la tiepida vita accademica. Ma evidentemente non pago di ciò, Losurdo ha avvertito il bisogno di tornare a districarsi nei meandri nicciani con un nuovo intervento sulla rivista Belfagor. E lo ha fatto dando vita nientemeno che a una intervista immaginaria, in cui non solo si pone le domande ma si dà anche le risposte. Confessiamo un certo stupore. Quelle immaginarie sono il genere di interviste in cui con intento ironico si sollecita l'immortale di turno per fargli pronunciare qualche verità paradossale o provocatoria. Fu un maestro in tal senso Giorgio Manganelli. A prendersi troppo sul serio il rischio è di scadere nel comico.
Ammesso e non concesso che uno possa svolgere entrambi i ruoli in commedia, perché mai Losurdo A (l'intervistatore) non ha chiesto a Losurdo B (l'intervistato) che fine ha fatto la discussione sul "frammento politicamente scorretto" presente nelle bozze del libro e cassata nella stampa definitiva? Un po' di correttezza in proposito non avrebbe guastato.
La verità, professor Losurdo, è che nessuno qui pensa che imprese anche titaniche non siano il frutto di letture e interpretazioni in qualche modo di parte. Il perché poi Repubblica abbia sentito il bisogno di dedicare due pagine alla sua lettura di Nietzsche è semplice: certe ricostruzioni vagamente poliziesche (staremmo per dire lukacciane) sono tutt'altro che minoritarie. Occuparsi delle sue tesi non era perciò affatto irrilevante. Ma, se è umano sbagliare, è perverso continuare a imputare, come lei fa nella sua auto-intervista, a Colli e Montinari la volontà di lavare Nietzsche nel bagno dell'innocenza. Basta vedere le lettere che Montinari inviava all'amico da Weimar (lettere curate e pubblicate da Campioni in Leggere Nietzsche, ed. Ets) per capire quale ethos del lavoro, quale probità intellettuale e quale incondizionata dedizione al compito del filologo animassero Montinari nella sua impresa.

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