Il Calendario del Popolo

Domenico Losurdo

 

Il libro di Domenico Losurdo ha suscitato un acceso dibattito sulla stampa ed è già un caso editoriale. Filosofia.it vi propone un resoconto completo degli articoli che si sono occupati del volume.


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Il Calendario del Popolo

Domenico Losurdo "Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico

di Emanuela Susca

Ad arricchire una vastissima bibliografia sul pensiero di Friedrich Nietzsche (1844-1900) si è ultimamente aggiunto un libro di Domenico Losurdo, ordinario di Storia della filosofia all'Università di Urbino, edito da Bollati Boringhieri ed intitolato "Nietzsche, il ribelle aristocratico".
Si tratta di uno studio che consente al lettore tanto di accostarsi quanto di gettare uno sguardo nuovo ad uno degli intelletti più geniali e che più hanno diviso gli interpreti, nel quale, per fare solo alcuni esempi, Lukács e Adorno hanno scorto un ispiratore del nazismo, mentre Foucault e Vattimo hanno enfatizzato la dimensione della "pura" filosofia, lasciando in secondo piano il legame con gli anni in cui essa veniva maturando.
L'indagine di Losurdo, che vuole invece considerare il filosofo nel suo contesto storico, prende le mosse da "La nascita della tragedia" (1872) per evidenziare i significati politici delle considerazioni svoltevi da Nietzsche, all'epoca docente di lingua e letteratura greca all'Università di Basilea. La superiorità che il filosofo qui assegna al modello della civiltà greca sulla modernità viene, infatti, motivata a partire dalla capacità dello spirito greco di sublimare l'atrocità connessa all'esistenza e di guardare fieramente alle terribili sofferenze che il privilegio di pochi imponeva ad una massa di uomini ridotti in schiavitù. Di questa grecità, che fonda il proprio splendore sulla serena accettazione delle crudeltà che sa infliggere, il giovane filosofo chiama ad essere erede la Germania. In essa, infatti, identifica la patria di un "pessimismo", inteso come accettazione dei limiti della ragione umana e rispetto dei valori profondi, che può avere la meglio contro l'"ottimismo" in primo luogo della Francia, dove la mancanza di ideali ed una superficiale fiducia nella razionalità conducono alla sovversione rivoluzionaria.
Il legame istituito tra lo spirito greco e quello tedesco è da Losurdo analizzato alla luce dell'influenza che sul giovanissimo e giovane Nietzsche esercitano tanto il diffuso sciovinismo germanico, quanto l'impressione suscitata nelle classi superiori europee dalla Comune di Parigi. In quegli anni, infatti, tutta la borghesia liberale tedesca ed il partito liberale nazionale cui essa diede vita divenivano sostenitori della politica bismarckiana, aderendo compattamente alla causa della Prussia nella guerra che la contrappose alla Francia di Napoleone III. La sconfitta francese conduceva poi alla formazione del governo autonomo della Comune di Parigi, che si opponeva al governo ufficiale francese e vedeva una massiccia partecipazione degli operai e della piccola borghesia. Ancora durante l'assedio di Parigi, conclusosi a gennaio del 1871 con la capitolazione degli insorti, nasceva quindi l'impero tedesco, alla cui testa era posto Guglielmo I re di Prussia e di cui Bismarck diveniva cancelliere.
Rispetto a "La nascita della tragedia", le "Considerazioni inattuali" (1873-1876) mostrano però come elemento di novità un affievolirsi della speranza riposta nell'impero tedesco, nel quale il suffragio universale maschile e la diffusione dell'istruzione agevolavano la democratizzazione. D'altra parte, non mancano elementi di continuità negli scritti giovanili, dove emerge la costante della contrapposizione tra spirito tedesco ed ebraismo. Sarebbe però fuorviante bollare il giovane Nietzsche come antisemita, poiché è in effetti per Losurdo necessario separare l'antisemitismo razziale, che motiva l'oppressione delle proprie vittime su base naturalistica, sia dalla giudeofobia, che all'ostilità verso la tradizione ebraica associa una discriminazione sul piano politico-sociale, sia dall'antigiudaismo, la cui critica non arriva a mettere in discussione l'eguaglianza civile e politica (p. 189). L'analisi dei testi evidenzia quindi che il giovane Nietzsche non circoscrive l'ebraismo in termini razziali e mostra di porsi tra l'atteggiamento giudeofobo e quello antigiudaico, in ciò differenziandosi dall'amico e maestro spirituale Richard Wagner, la cui giudeofobia tende a trapassare nell'antisemitismo.
Ma proprio dal distacco da Wagner, oltre che dall'abbandono della cattedra di Basilea, è segnato, sul piano biografico, l'aprirsi del periodo "illuministico". Nel 1876, infatti, le cattive condizioni di salute portano Nietzsche ad interrompere l'insegnamento universitario (che lascerà nel 1879) e a partire nel tentativo di ristabilire il proprio stato fisico. Alla pubblicazione di "Umano, troppo umano" (1878-80), si è ormai consumata la rottura tanto con l'ideologia liberal-nazionale quanto con il romanticismo wagneriano. Ripudiato il precedente sciovinismo, Nietzsche evidenzia ora una relativa arretratezza del mondo tedesco, e alla Grecia antica non accosta più la Germania ma l'Europa intera, che come la civiltà greca appare divisa di fronte ad incombenti minacce barbariche. La prospettiva paneuropea, infatti, non segna un abbandono della denuncia della sovversione plebea, quanto piuttosto la presa di coscienza di una minaccia che può essere contrastata solo su di una scala più ampia. Analogamente, l'atteggiamento "illuministico" di "Umano, troppo umano", e in misura minore di "Aurora" (1881), non si associa affatto alla volontà di liberare tutti gli uomini dal pregiudizio, ma ad una nuova messa sotto accusa dei valori e delle passioni del movimento rivoluzionario ed ad una concezione del conflitto politico-sociale come "scontro tra ingenuo entusiasmo morale e maturo sapere scientifico" (p. 291).
D'altra parte, la critica della rivoluzione resta il filo conduttore della riflessione nietzscheana anche quando, tra la stesura de "La gaia scienza" (1882) e la pubblicazione della prima parte di "Così parlò Zarathustra" (1883), alla svolta "illuminista" succede una svolta immoralista. Per comprenderne le ragioni, Losurdo ricostruisce i cambiamenti intervenuti nel quadro politico europeo tra il 1879-80 (il biennio in cui è più netta l'opzione "illuministica") ed il 1882: i movimenti socialisti radicalizzano in questo periodo le proprie posizioni sia in Francia sia in Russia, mentre in Germania la politica bismarckiana tenta di contrastare la crescente offensiva socialdemocratica con l'ampliamento della legislazione sociale. Per il filosofo si aggrava così la minaccia della rivoluzione, per scongiurare la quale conservatorismo e liberalismo sarebbero ormai inefficaci. Di qui la necessità di costituire la diversa piattaforma ideologica che contrassegna, oltre allo Zarathustra, tutti gli scritti che precedono il precipitare del filosofo, all'inizio del 1889, nella follia: "Al di là del bene e del male" (1886), "Genealogia della morale" (1887), "Il caso Wagner", "Crepuscolo degli idoli", "L'Anticristo", "Ecce homo", "Nietzsche contra Wagner" (1888).
Si assiste ora ad una lettura della questione sociale e del conflitto politico in chiave biologica, poiché una nuova aristocrazia fondata sulla fusione sessuale della nobiltà ereditaria con l'alta borghesia capitalistica è chiamata a fronteggiare la dilagante sovversione plebea. Parallelamente, sia la miseria di massa sia le aspirazioni rivoluzionarie sono sempre più lette come espressioni di una malattia degenerativa che richiede da parte dei signori il ricorso alle misure più drastiche. Il Nietzsche della maturità mostra così la propria vicinanza all'eugenetica (la pseudo-scienza che in quegli anni studia i metodi per "ottimizzare" la procreazione umana), e teorizza la limitazione coatta delle nascite, la castrazione dei miserabili e l'annientamento dei malriusciti. Per quest'opera di sfoltimento, che Nietzsche vede come ristabilimento della "legge suprema della vita", è necessaria quindi la resa dei conti con il cristianesimo. Quest'ultimo è messo sotto accusa sia in quanto ispiratore di una morale compassionevole, che inceppa la salutare eliminazione di "ogni scarto e rifiuto della vita", sia come espressione del rancore dei malriusciti. Nei valori cristiani e nel loro richiamo all'al di là, infatti, Nietzsche vede agire un lascito della tradizione ebraica che è la vendetta di un popolo sconfitto contro il potere delle aristocrazie. La condizione di perversione e perdita della naturalità è inoltre da Nietzsche descritta con l'intervento di una categoria divenuta centrale nell'odierno discorso filosofico: quella di nichilismo. Essa, come evidenzia Losurdo (pp. 521-54), può in effetti designare due atteggiamenti politici contrapposti: la "dissacrazione critica" dell'esistente, finalizzata alla costruzione di una società più giusta, e la "dissacrazione metacritica", che prende di mira l'impegno della critica e si indirizza alla conservazione politico-sociale. In Nietzsche, il cui discorso risulta per questo ambiguo oltre che affascinante, il momento "critico" e quello "metacritico" appaiono strettamente intrecciati, poiché i valori morali sono attaccati tanto come negatori degli autentici valori della vita quanto come espressione della rivolta plebea (ebraica, cristiana, socialista e anarchica).
Non sorprende, quindi, che a Nietzsche si siano richiamati i massimi ideologi del nazismo, che hanno infatti espresso visioni del mondo vicine al nietzscheanesimo, denunciando il pericolo incombente per l'Occidente della rivoluzione, criticando il cristianesimo come espressione di degenerazione e portando alle estreme conseguenze della pratica genocida la tesi della necessità dell'eliminazione dei superflui. Ma, mentre taluni hanno sbrigativamente visto per ciò in Nietzsche un oggettivo precursore del Terzo Reich, l'interpretazione più diffusa, soprattutto tra i filosofi, parla invece di una "nazificazione" postuma operata in primo luogo dalla sorella di Nietzsche, Elisabeth Förster. Ma Losurdo mostra come Elisabeth (che dopo la fine della vita cosciente del fratello organizzò la pubblicazione degli appunti di questi e ne fece confluire una parte ne "La volontà di potenza") non abbia manipolato le pagine di Nietzsche per trasformarle in un punto di riferimento del movimento nazista, quanto piuttosto per rappresentare il filosofo "come il campione della lotta contro la teutomania e l'antisemitismo, come il "buon europeo" per eccellenza". (p. 769) Per di più, questo libro sottolinea l'inutilità dello sforzo di allontanare il filosofo dal nazismo dimostrando l'estraneità di Nietzsche all'antisemitismo. Infatti, la divisione degli uomini in superiori ed inferiori può procedere in due distinti modi: la razzizzazione trasversale, che prende di mira le classi subalterne e travalica gli Stati, e la razzizzazione orizzontale, che naturalizza le differenze tra i popoli. E mentre l'ideologia nazista ha operato una gerarchizzazione sul piano orizzontale, distinguendo i tedeschi dagli ebrei o dagli abitanti dell'Europa orientale, per Nietzsche la dicotomia centrale resta quella tra aristocrazia e plebaglia, e lacera trasversalmente le singole nazioni.
Ciò nonostante, Nietzsche è, per Losurdo, un pensatore che può molto insegnare sia agli "addetti ai lavori" sia a quanti perseguano un mutamento della società. L'aristocratismo nietzscheano, ad esempio, coglie nel segno quando denuncia la ristrettezza della morale rivoluzionaria ed i tratti reazionari spesso assunti dalle iniziative emancipatorie delle classi subalterne. Un pensatore che "ha annusato il conflitto politico e sociale anche in territori e in ambiti fino a quel momento ritenuti neutrali" (p. 999) ha saputo inoltre problematizzare in modo nuovo la consueta visione edificante delle relazioni tra i sessi, cogliendo la sopraffazione contenuta anche nell'amore; ed è giunto inoltre a costruire una storia della sovversione al femminile che evidenzia la passionalità dell'incontro della donna con la politica.
Ma il punto forse più alto del filosofo è la condanna degli angusti punti di vista del conformismo ("perché essere attaccati a questa zolla, a questa occupazione, perché tendere le orecchie a quel che dice il prossimo?"), del provincialismo che porta ad "obbligarsi a delle opinioni che, qualche centinaio di miglia più in là, cessano di obbligare" e dell'etnocentrismo, che ignora che "Oriente e Occidente sono tratti di gesso che qualcuno disegna davanti ai nostri occhi per beffarsi della nostra pavidità" (p. 1015). E per di più, il filosofo ha saputo smascherare, con una attualità sconvolgente, l'ipocrisia dell'ideologia di guerra imperiale o "umanitaria", osservando che: "Cristianesimo, rivoluzione, abolizione della schiavitù, parità di diritti, filantropia, amore della pace, giustizia, verità: tutte queste grandi parole hanno valore solo nella lotta, come stendardi; non come realtà, ma come abbaglianti parole d'ordine in funzione di qualcosa del tutto diverso (anzi opposto!)" (p. 1035).
Il libro di Losurdo si chiude con un'appendice, intitolata "Come si costruisce l'innocenza di Nietzsche. Editori, traduttori e interpreti", in cui rigore filologico e attenzione per la politicità delle categorie filosofiche evidenziano un legame tra le interpretazioni oggi prevalenti di questo pensatore. Analizzando pagine significative dell'edizione delle opere curata da Colli e Montanari, e pubblicata nella versione italiana da Adelphi, l'autore evidenzia come essa, pur rimanendo un punto di riferimento irrinunciabile, mostri alcune scelte editoriali che celano la giudeofobia del giovane Nietzsche, la tesi dell'ineludibilità della schiavitù, la celebrazione dell'umanità ariana e la polemica contro il parlamentarismo. Infatti, soprattutto nella traduzione italiana, la distribuzione dell'apparato critico, la resa dal tedesco e talvolta commenti al testo di Colli e Montinari contribuiscono ad occultare il segno politico della riflessione nietzscheana. Si tratta, secondo Losurdo, di un "processo di spiritualizzazione e sublimazione" (p. 1084) che è possibile ravvisare anche in chi è oggi ritenuto in Italia forse il maggiore interprete del filosofo, Gianni Vattimo, che tende a trasfigurare in termini impolitici, o addirittura progressivi, perfino le affermazioni di Nietzsche più vicine all'eugenetica.
Ma non è l'onestà di autorevoli studiosi ad essere messa in dubbio, quanto la fecondità di approcci che escludono la storia ed il conflitto sociale e politico dall'orizzonte filosofico di questo pensatore seducente e terribile, in cui un affascinante itinerario verso l'individualità convive con un progetto politico radicalmente reazionario. Ma si può in effetti dire che la sfida postaci ancora oggi da Nietzsche rimanda alla sfida che ci lancia la realtà stessa, dove la dignità dell'individuo è (precariamente) riconosciuta ai soli membri della società occidentale anche grazie all'esclusione della maggioranza degli esseri umani. Di qui la conclusione di Losurdo: "come nella storia dell'Occidente nel suo complesso, così nel pensiero di questo grande filosofo grandezza e orrore sono due facce della stessa medaglia" (p. 1094).

Emanuela Susca

Seguono, dietro suggerimento di Teti e di Losurdo, alcune citazioni significative tratte da Nietzsche che possono essere utilizzate come inserti nella pagina.

"Troppi vivono e troppo a lungo restano sui loro rami. Venisse una tempesta che scrollasse dall'albero tutto questo marciume e pasto di vermi!
Venissero predicatori della morte rapida! Sarebbero per me le giuste tempeste e i giusti scrollatori dell'albero della vita! Ma io sento solo predicare la morte lenta e pazienza con quanto è "terreno"."

"La legge suprema della vita, formulata da Zarathustra per primo, vuole che si sia senza compassione per ogni scarto e rifiuto della vita (…) È immorale, è contro natura nel senso più profondo dire "non uccidere" (…) Nei confronti dello scarto e del rifiuto della vita c'è un solo dovere, distruggere; essere qui compassionevoli, volere qui conservare a tutti i costi, sarebbe la forma suprema dell'immoralità, la vera e propria contronatura, l'inimicizia mortale contro la vita stessa".

"Perché essere attaccati a questa zolla, a questa occupazione, perché tendere le orecchie a quel che dice il prossimo? È così provinciale obbligarsi a delle opinioni che, qualche centinaio di miglia più in là, cessano di obbligare. Oriente e Occidente sono tratti di gesso che qualcuno disegna davanti ai nostri occhi per beffarsi della nostra pavidità."

"Cristianesimo, rivoluzione, abolizione della schiavitù, parità di diritti, filantropia, amore della pace, giustizia, verità: tutte queste grandi parole hanno valore solo nella lotta, come stendardi; non come realtà, ma come abbaglianti parole d'ordine in funzione di qualcosa del tutto diverso (anzi opposto!)".

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