LUnità

Domenico Losurdo

 

Il libro di Domenico Losurdo ha suscitato un acceso dibattito sulla stampa ed è già un caso editoriale. Filosofia.it vi propone un resoconto completo degli articoli che si sono occupati del volume.


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L'Unità-12 Gennaio 2003

Nietzsche? Aristocratico, ma lo amavano anche gli operai

Il volume di Domenico Losurdo sul pensatore tedesco e le polemiche filologiche che ne sono seguite. Gli equivoci di un'interpretazione tutta politica

di Bruno Gravagnuolo

Nietzsche fu politicamente un «reazionario»? Posta così la domanda poggia su un equivoco. Che fa corpo con un gigantesco fraintendimento. Ovvero con l'idea che quello di Nietzsche fosse un pensiero politico. Vagheggiatore di utopie regressive o alternative ( in guisa di «contromovimento») al nichilismo del Progresso. Beninteso, valenze conservatrici e romantiche vi sono nel filosofo, specie nel «primo Nietzsche», quello più a contatto col germanesimo di Wagner. Come innegabile è la tendenza elitista, gerarchica e «rinascimentale» del Nietzsche cosmopolita e «buon europeo», avverso al prussianesimo e all'antisemitismo. E tuttavia la chiave per capire Nietzsche è tutt'altra. E impolitica e filosofica. Benché intrisa di un filosofare tragico e a-sistematico, che muove dalla crisi interiore della civiltà guglielmina, agli occhi di Nietzsche culla e cuore della Zivilisation crístiano-borghese. Dunque (re)imprigionare Nietzsche nella colpa, o volerlo liberare dalla presunta «innocenza» nella quale lo avrebbero avvolto gli interpreti benevoli è operazione ideologica e fuorviante. Perché misconosce il problema Nietzsche è problema di critica di un'intera civiltà: la civiltà occidentale giudaico/cristiana. E insieme contestazione in radice dei fondamenti, psicologici, gnoseologici e pratici, del Potere e dell'Autorità. Manca perciò il bersaglio un'interpretazione come quella di Domenico Losurdo, che nel suo monumentale Nietzsche, il ribelle aristocratico (Bollati-Boringhieri, pag. 1167, Euro 68) presume di colpire al cuore un pensiero «coerentemente reazionario» e nel quale «il diritti al libero dispiegamento dell'individualità» avrebbe corso solo in una «cornice» restrittivamente in una cornice radical-conservatrice.

Ebbene, la tentazione «,conservatrice», o meglio estetico-elitaria, esiste in Nietzsche. Ma è solo una proiezione problematica-sperimentale. Sovente una geniale premonizione tragica del futuro, a cui Nietzsche stesso rinuncia però in itinere, contrapponendovi altri approdi: individualistici, scettici, artistici. Oppure di aporetica disperazione («Io clown, io buffone ... ) che danno per scontato l'impossibilità assiologica di fuoriuscire dalla modernità nichilistica, Sicché non ha senso allineare come fa Losurdo i «sintagmi» del pensiero politico di Nietzsche, conte se fossero tasselli di una gigantesca pars-costruens reazionaria, sorta di Politico Antidemocratico. Quella di Nietzsche è certo una critica della democrazia, senz'altro unilaterale e contraddittoria, ma rivolta contro l'elemento gregario massificato e risentito (dunque latentemente totalitario) dell'emancipazione collettiva, dove l'individualismo e il relativismo conducono gli «schiavi ribelli», a invocare e introiettare un nuovo Padrone (paradigma schmittiano preconizzato da Nietzsche con l'aiuto di Tocqueville).

Né ha senso, per puntellare il «Nietzsche reazionario», tornare ad accreditare il fantasma dell'antiscientismo» di Nietzsche. Finanche attribuendogli l'idea complottarda che «il cristianesimo sia lo strumento attraverso cui Israele ha raggiunto e conseguito il suo trionfo». Nonché il convincimento che il «cielo rivoluzionario», dal cristianesimo al socialismo, sia «lo strumento di volontà di potenza di un popolo determinato», (Repubblica, 1/10/2002, intervista di Antonio Gnoli a Losurdo). Affermazioni che stridono con la persuasione nietzschena, più volte ribadita, che l'ebraismo della diaspora abbia condotto l'intera civiltà europea ad un grado altissimo di consapevolezza culturale e acume autoriflessive. E in tal senso appaiono davvero maldestre le accuse di Losurdo a Colli e Montinari di avere celato nella loro Edizione critica certi accenti «antisemiti» del Nietzsche «wagneriano». Laddove, come ha dimostrato Giuliano Campioni (Repubblica, 1/10/2002), il rendiconto filologico di certe asprezze e di certi passaggi (corretti dallo stesso Nietzsche), è ben presente negli apparati della Studienausgabe tedesca. Accuse infondate. Come quella su un presunto «frammento scomparso» nietzscheano, relativo alla «crudeltà verso gli altri e soprattutto verso se stessi», presente viceversa anche nell'apparato dell'edizione Adelphi di Al di là del bene e del male (vol VI/2 pp. 403- 404). E contestazione quest'ultima cassata dall'Appendice nella stampa definitiva del volume di Losurdo (come rilevava non smentita Repubblica del 27/12/2002: «Le interviste immaginarie del professor Losurdo. Quale Nietzsche è stato censurato»). Ma nemmeno vale a prova del «reazionarismo» di Nietzsche, ad esempio, il suo interesse per la Russia: «vitale» e non «contaminata dal parlamentarismo». Ci sono infatti passi in cui a Nietzsche «buon europeo» esorcizza nella Russia «le fauci dell'Asia» pronte a inghiottire la «decadenza» del vecchio continente. E altri in cui il filosofo definisce la vere civiltà come «frammenti» fortunati del divenire storico (il Rinascimento italiano, sintesi di natura e cultura». In conclusione, solo una leggenda «lucacciana» - accreditata da una sorella infame - quella del Nietzsche reazionario? No, perché l'impolitica (filosofia della storia negativa» di Nietzsche, ribaltata in politica, assumeva anche valenze conservatrici. E tuttavia ci sarà un buon motivo per il quale, nel primo '900 lo Zarathustra di Nietzsche era amato e diffuso persino nelle biblioteche operaie e popolari della Germania guglielmina. Persino più di Marx, come attesta Ernst Nolte nel suo Nietzsche e il nietscheanesimo. Il motivo? Quel filosofo incitava a ribellarsi.

 

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