Il Corriere della Sera

Domenico Losurdo

 

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Il Corriere della Sera-18 Gennaio 2003

Nietzsche, chi ha paura del superuomo

di Emanuele Severino

Soprattutto la filosofia è equivocabile. Rivolge lo sguardo verso temi che tutti credono di conoscere. Grandi filosofi sono anche straordinari scrittori e, tra chi li legge, si crede che accostandosi al linguaggio letterario si abbia in mano il suo senso filosofico. Quasi sempre i mass media comunicano «tesi», dominati dalla convinzione che ogni tentativo di discuterle le sbiadisca, le tolga di scena, le indebolisca; e invece c’è filosofia solo quando le «tesi» sono radicalmente discusse, fondate, argomentate. Si potrebbe continuare a lungo. Bene ha fatto dunque Luciano Canfora a riconsiderare («Corsera», 11 gennaio) gli equivoci che possono nascere intorno alla filosofia di Nietzsche. Sostiene che i grandi pensieri «hanno a che fare» con le loro «conseguenze»; ad esempio il Vangelo con la storia della Chiesa; Marx con l’Unione Sovietica, Nietzsche con il Nazionalsocialismo e il razzismo. Ma quasi a parare l’obiezione che la luce del sole ha a che fare sia con l’azzurro del cielo sia con la putrefazione dei cadaveri, Canfora richiama il «fatto» che in Nietzsche i valori dell’uguaglianza (morale del dovere, democrazia, socialismo) sono rifiutati. E il «fatto» c’è indubbiamente.
Tuttavia questi valori - che in parte sono anche cristiani - hanno a loro volta a che fare con le loro conseguenze, tra le quali le crociate, il periodo del «terrore» durante la Rivoluzione francese, la stessa Rivoluzione sovietica e il comunismo, la soppressione fisica di chi, di volta in volta, è stato ritenuto immorale. Nessuno è innocente, nemmeno i nemici del «superuomo» di Nietzsche. È però necessario che si capisca perché Nietzsche abbia questi nemici. Non si può affermare che egli è un «ribelle aristocratico» (Canfora riprende l’espressione da un libro di Domenico Losurdo) nello stesso modo in cui si dice che il nostro calzolaio vota per Bertinotti o per Bossi (con tutto il rispetto per ognuno dei tre). Si deve invece capire quale fondamento filosofico abbia condotto Nietzsche a quell’atteggiamento. Egli si ribella all’intera tradizione occidentale, perché ne mostra l’insostenibilità. Non vedo che si facciano o si siano fatti sforzi consistenti in tale direzione.
Heidegger ha sostenuto che Nietzsche è rigoroso come Aristotele. Sono d’accordo. Ma invece di capire perché lo sia si preferisce non prendere in mano il Nietzsche di Heidegger (Adelphi, 1994) - e nemmeno il mio libro L’anello del ritorno (Adelphi, 1999). Elucubrazioni più o meno interessanti?
In Nietzsche, si crede, «c’è tutto e il suo contrario». Un eminente illogico . (Anche Leopardi è stato trattato come un dilettante che andava compitando la filosofia. Il «fatto» è che quelli che lo leggevano, non capivano). Se il nostro calzolaio si contraddicesse come spesso si crede che Nietzsche si sia contraddetto, non gli faremo più aggiustare le scarpe. Nel suo Saggio sullo Hegel Croce (che giustamente è assunto da Canfora come affidabile punto di riferimento nel problema-Nietzsche) scrive, delle Origini della tragedia di Niet zsche: «Per quel che concerne la logica, quale migliore propedeutica si potrebbe consigliare di questo immaginario antihegeliano per intendere la soluzione che lo Hegel propose del problema degli opposti?».
La nietzschiana «morte di Dio» che sta alla base del «superuomo» appartiene all’essenza dello stesso pensiero crociano, anzi di tutta la filosofia (e quindi la cultura) contemporanea e del modo in cui essa sostiene i valori dell’uguaglianza. A tale essenza appartiene anche quel Gramsci che incautamente «sardonico» riconduceva il «superuomo» di Nietzsche al conte di Montecristo e ai romanzi di appendice. Nietzsche rifiuta questi valori perché essi sono legati al Dio che muore. Ma, soprattutto qui, si tratta di capire perché egli annuncia la «morte di Dio».

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