Secolo d'Italia

Domenico Losurdo

 

Il libro di Domenico Losurdo ha suscitato un acceso dibattito sulla stampa ed è già un caso editoriale. Filosofia.it vi propone un resoconto completo degli articoli che si sono occupati del volume.


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Secolo d'Italia, 1/2/2003

Un'originale interpretazione del filosofo nel nuovo libro di Domenico Losurdo
Nietzsche contro le guerre "umanitarie"

di Gerardo Picardo

Un Nietzsche antidemocratico, primo critico della guerra umanitaria come dell'imperialismo dei diritti umani. Questa la tesi sul filosofo tedesco sviluppata da Domenico Losurdo, Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico, pubblicata da Bollati Boringhieri (pp. 1167, euro 68,00), attorno alla quale si è accesa una disputa non solo tra gli addetti ai lavori. Losurdo, che insegna Storia della filosofia all'Università di Urbino, ritiene che alla fine dell'Ottocento l'espansione coloniale delle grandi potenze sarebbe stata condotta con alcune parole-guida, tra le quali "abolizione della schiavitù", "parità di diritti", "giustizia", "verità". Ma quelle che Nietzsche definisce "abbaglianti parole d'ordine" intenderebbero un opposto significato. Nietzsche diviene nel saggio il primo studioso che coglie un nuovo modo di condurre la guerra, che fa leva sull'indignazione, la verità strumentale e la disinformazione, per la quale prima si rende odioso il nemico e poi s'invoca la morale per portare comodi guanciali sotto le armi imbracciate contro di lui. Lo "scavo" ermeneutico compiuto da Losurdo in sette anni di frequentazione nietzscheana concepisce, sottolineava anche Antonio Gnoli in un articolo-intervista all'autore (Repubblica, 1 ottobre 2002) "il sogno ambizioso di riscrivere in maniera definitiva (o quasi) ciò che è stato Nietzsche e quali eccedenze teoriche ha conservato per noi". Anche per Gnoli, quello di Losurdo "non è un libro innocente" ma "orientato" a scoprire quanto l'edizione critica di Nietzsche, curata per Adelphi (in Italia dal 1964) da Giorgio Colli e Massimo Montinari, avrebbe volutamente omesso, ossia le espressioni antisemite del filosofo. Sta di fatto che l'edizione "incriminata", in Germania fu adottata quale "vulgata" corrente da Karl Löwith, venuto al mondo con la stella di Davide. Eppure Nietzsche, da Colli-Montinari sarebbe stato "immerso in un bagno d'innocenza", studiato per quasi un lustro senza averlo collocato nel suo contesto storico e politico. Possibile che nessuno se ne sia accorto prima di Losurdo? Per l'autore, il pensatore di Röcken avrebbe radicalizzato i suoi discorsi avendo sotto gli occhi gli esiti della Comune di Parigi, lanciando poi strali infuocati su cristianesimo ed ebraismo, visti come focolai di violenza rivoluzionaria. Nietzsche il sassone, folle o profeta che fosse, avrebbe guardato alla Russia zarista, strizzando l'occhio all'antisemitismo in essa vissuto, mentre nell'ultimo tratto della sua speculazione lo stesso pensatore avrebbe inteso il cristianesimo, nato dall'ulivo ebraico, come la "vittoria di Israele" sugli altri popoli della terra. L'accendersi della rivoluzione coinciderebbe col ciclo dell'ebraismo. Dunque gli apologeti di Nietzsche ne avrebbero addormentato il messaggio. Losurdo, che rilegge la corrispondenza nietzscheana, afferma che Nietzsche , alla fine del 1888, avrebbe accarezzato il progetto di un colpo di Stato contro Guglielmo II, re di Prussia ed imperatore della Germania. Il "kaiser" appariva allo sguardo iniettato di sangue di Nietzsche un cristiano con simpatie socialiste. Il sogno nietzscheano prevedeva poi anche l'incarcerazione di Leone XIII, il pontefice della Rerum Novarum. Guglielmo II sarebbe stato considerato da Nietzsche come l'Anticristo che promuoveva l'emancipazione degli schiavi neri in Africa ed il miglioramento delle condizioni della classe operaia in Europa. Un buon Anticristo tutto sommato. Ma che agiva in nome e per conto delle beatitudini cristiane. Si sa. Il diavolo è sempre il maggior conoscitore della Scrittura. Bene ha precisato Luciano Canfora dalle colonne del Corriere della Sera (11 gennaio) quando ha scritto che "in Nietzsche c'è tutto e il suo contrario, com'è di taluni artisti". Lo stesso Losurdo, citando Kurt Tucholsky, ricordava: "Dimmi ciò di cui hai bisogno e ti troverò una citazione di Nietzsche". Filosofo pro o contro tutto. Nietzsche nuovo sofista, uomo dei doppi discorsi, sempre spendibili? Il pensatore morto a Weimar nel 1900 va certamente studiato sul suo terreno. Quest'ultimo non è una prateria assolata, ma una landa dove la vita si mescola alla morte. Certo non servirebbe a nessuno un Nietzsche edulcorato o "difeso" dalle sue fumisterie antisemite. A patto però che il dato si rivelasse fondato. Nel dibattito è calato, col peso dell'ex cathedra, Emanuele Severino il quale, sempre dalle pagine del "Corrierone" (19 gennaio), ci ha ricordato che "soprattutto la filosofia è equivocabile" e che "non si può affermare che egli (Nietzsche) è un ribelle aristocratico nello stesso modo in cui si dice che il nostro calzolaio vota per Bertinotti o per Bossi (con tutto il rispetto per ognuno dei tre)". Non buca il dibattito Bruno Gravagnuolo (l'Unità, 12 gennaio), evidenziando gli "equivoci di un'interpretazione tutta politica" e riconoscendo che il testo di Losurdo "manca il bersaglio", presumendo di "colpire al cuore" - espressione dell'articolista - un pensiero come quello nietzscheano, sicché la conclusione del quotidiano dei DS è che "non ha senso allineare come fa Losurdo i "sintagmi" del pensiero politico di Nietzsche come se fossero tasselli di una gigantesca pars-destruens reazionaria, sorta di Politico antidemocratico, né ha senso tornare ad accreditare il fantasma dell'antisemitismo di Nietzsche". Insomma, un Nietzsche "complottardo" non lo si vede neanche a sinistra. Le accuse di "catechismo nietzscheano" (si dice nella copertina) di aver passato la spugna alle espressioni nietzscheane, appaiono poco ponderate. Con l'aiuto di quei testi, si sono formate generazioni. Scoprirvi un contraltare non fa paura, perché spingerebbe a rivedere le posizioni ritenute - del resto la "meraviglia" in filosofia, dai tempi di Platone, è la strada della conoscenza -, ma una tesi come quella di Losurdo non può essere accettata quando scrive che "le pagine più ripugnanti (di Nietzsche) rinviano alle pagine più ripugnanti di storia, dall'Occidente scritte prima dell'avvento del Terzo Reich". Abbiamo letto le pagine di Losurdo. Lo studioso ha lavorato sodo, ma le sue tesi non sbaraccano, come annunciato, anni di comprensione nietzscheana cui seguiranno altre interpretazioni che ad ognuno diranno cose diverse. Gli scritti hanno vita propria e parlano con voce diversa alla sensibilità di ognuno. Nietzsche fu, e resta, non un eversivo politico, ma un pensatore, e al tempo stesso un sismografo della modernità perché ne intravide la debolezza tra le rocce di un dubbio spossante e di una ricerca condotta fino all'estremo delle forze. Fu certo un ribelle, ma La nascita della Tragedia, che mostra le incoerenze dei "tempi domestici" di decadenza, non conduce come vuole Losurdo "alla possibilità di radicale trasformazione del presente in Germania e in Europa". Quell'opera volle dire altro. Ad ingrossare la marea rivoluzionaria di quegli anni non furono le lettere di Nietzsche, che hanno una minore importanza rispetto alle sue opere (almeno fino ad oggi), ma lo spirito dei tempi gravidi di lotte sociali. Il pathos dell'Occidente non risiedeva per il Filosofo nella Corte cristiana o negli operai di Oltrereno. Lo spettro del "servo armato" non turbava Nietzsche, che era preoccupato piuttosto del pensiero di una terra che abbandonava la grecità e i suoi insegnamenti, smarrendo il suo fine e la sua volontà e avviandosi verso la perdita del senso, propria di masse sorde ai richiami della profondità. Nei frammenti postumi [1886-87, 8 (8)] si dice: "Ogni parola di quest'opera deve aver fatto male e ferito una volta e ancora più profondamente deliziato una volta: quel che non si è capito così, non lo si è capito". Ci piace l'immagine di questo filosofo che manda coi libri sotto il braccio chi reputa d'averlo compreso esaustivamente. Nella prefazione alla Genealogia della morale (1887, I) aveva scritto: "Ci siamo sconosciuti, noi uomini della conoscenza, sconosciuti a noi stessi: ciò ha una valida ragione. Noi non ci siamo mai cercati, perché dovremmo trovarci un giorno?". E allora il dibattito continui. La parola di Nietzsche, la sua propria parola, continua a condurre oltre i libri scritti soltanto per avvicinarvisi.

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