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Domenico Losurdo

 

Il libro di Domenico Losurdo ha suscitato un acceso dibattito sulla stampa ed è già un caso editoriale. Filosofia.it vi propone un resoconto completo degli articoli che si sono occupati del volume.


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La Stampa del 8/2/2003

Nietzsche, un reazionario che ci ha fatto progredire

di Marco Vozza

In una pagina autobiografica del 1946 contenuta in Irradiazioni, Ernst Jünger scriveva che il destino di Nietzsche è quello di essere preso a sassate: "Dopo il terremoto ci si rivolta contro i sismografi. Però non si può far espiare ai barometri la colpa dei tifoni senza passar per gente rozza e primitiva". Nietzsche ha indubbiamente avvertito dapprima le turbolenze, poi la catastrofe della propria epoca e ha suggerito alcuni antidoti per neutralizzare il carattere onnipervasivo di un nichilistico spirito della décadence, esprimendo con toni darwinistici il disprezzo per gli effetti della civilizzazione e caldeggiando il vitale recupero di aspetti culturali di tipo elitario. Appare dunque del tutto giustificata la ricostruzione della biografia intellettuale di Nietzsche in termini di "radicalismo aristocratico" - quale emerge dal lavoro di Losurdo -, così come sembra del tutto infondato ogni suo utilizzo in chiave genericamente democratica, ma è altrettanto attuale e pertinente il monito di Jünger contro disinvolte e contraddittorie imputazioni di colpevolezza in merito alla tragedia politica europea del XX secolo. Come scrive Figal, Nietzsche appare "inappropriato nel ruolo di filosofo nazionalsocialista: il disprezzo per la mania di grandezza tipica del periodo della rivoluzione industriale tedesca, l'aspra critica al nazionalismo, al "patriottismo dogmatico", l'avversione per la malvagia stupidità dell'antisemitismo. L'irritazione contro di lui è perciò irrazionale". Quanto al presunto antiebraismo - come ricorda Franck -, in Al di là del bene e del male, Nietzsche scrive che "l'Europa deve agli Ebrei il grande stile della morale", invita a delegittimare il cristianesimo per essere più giusti con gli Ebrei, condanna "le bassezze della persecuzione degli ebrei" e considera gli antisemiti come canaglie appartenenti alla melma della cultura europea. Chi si accanisce nel tentativo di delineare il profilo di Nietzsche come emblema dell'intellettuale reazionario troverà certamente qualche citazione che lo può confortare; tuttavia, si mancherà sempre l'obiettivo di offrire una spiegazione unitaria, eminentemente impolitica, del nesso tra grande salute, grande stile e grande politica, nozioni che convergono nel configurare una esautorazione dello spirito gregario fondato su valori reattivi, il cui abbandono appare comunque auspicabile anche in un modello democratico-progressista. In ogni caso, a differenza di Marx e di Freud, cioè degli altri "maestri della scuola del sospetto", l'interesse nei confronti del pensiero di Nietzsche non sembra subire battute di arresto anzi conosce una rinnovata attenzione che sta producendo svariate e feconde interpretazioni. Per la complessità dei temi trattati, il libro di Figal fallisce in parte l'obiettivo di porsi come una presentazione sintetica e divulgativa dell'opera nietzscheana; tuttavia, contiene alcuni spunti interpretativi di un certo interesse: in particolare, viene costantemente individuata "la tensione tra intreccio e presa di distanza dalla vita", cioè l'inesauribile lavoro di concetti mai elaborati astrattamente ma articolati a partire dalla vita vissuta come un esperimento conoscitivo. Prossimità e distanza nel porre la filosofia al servizio di una vita rielaborata nel pensiero, la cui identità risiede nella trasfigurazione del dolore. L'altro tema ricorrente nella lettura di Figal, a sfondo un po' genericamente ermeneutico, è la persistenza di figure di ascendenza socratico-platoniche che destituirebbero di fondamento l'immagine del suo pensiero come "platonismo rovesciato": quanto a Socrate, l'ipotesi appare plausibile in quanto egli resta il modello di una filosofia che si presenta come testimonianza individuale (Zarathustra in qualità di anti-Socrate), di una saggezza che tende ma non si esaurisce nel sistema del sapere; quanto a Platone, si avverte una certa forzatura quando si sostiene che la filosofia degli spiriti liberi è costruita sul modello della dialettica platonica (che peraltro è di tipo ascensionale e diffida dello strapotere dei sensi) o quando si vuole ricondurre il programma di emancipazione del mondo dagli ideali ascetici al modello di riconversione dell'anima al bene della Repubblica platonica, come se la volontà di potenza fosse la mera espressione della psyché greca. Senza esitazione, il libro di Didier Franck Nietzsche e l'ombra di Dio, che risale al 1998 ed è stato meritoriamente tradotto da Lithos (mentre i grandi editori trascurano anche gli altri importanti libri del filosofo francese), va considerato come l'opera più significativa dedicata a Nietzsche negli ultimi decenni. L'interesse dell'interpretazione di Franck consiste nell'aver saputo mettere in perspicua relazione l'annuncio della "morte di Dio" e il richiamo al corpo come inedita dimensione antropologica e filosofica (altro che Platone!), tanto da poter correttamente configurare l'esito della trasvalutazione di tutti i valori nei termini di una "resurrezione dei corpi" in aperta concorrenza con quella promessa dalla dottrina cristiana. In un frammento del 1885, Nietzsche scrive: "E' essenziale muovere dal corpo, e utilizzarlo come filo conduttore. Esso è il fenomeno molto più ricco che consente un'osservazione più precisa. Il credere nel corpo è fondato meglio nel credere nello spirito". La credenza nel corpo è dunque per Nietzsche un articolo di fede: finora la filosofia è stata soltanto un'interpretazione menzognera del corpo, un suo esiziale fraintendimento, mentre - qualora lo si assuma come filo conduttore - "si scopre un´enorme molteplicità", "un'organizzazione sociale di molte anime". Così Zarathustra preannuncia l'avvento del superuomo: "Ai dispregiatori del corpo voglio dire una parola: il corpo è una grande ragione, una pluralità con un solo senso. Strumento del tuo corpo è anche la tua piccola ragione, fratello, che tu chiami spirito, un piccolo strumento e un giocattolo della tua grande ragione: essa non dice "io", ma fa "io"". Il corpo, la sua capillare ragione, costituisce pertanto sia il principio metodico sia l'ideale regolativo del pensiero nietzscheano. Attraverso un serrato confronto con l'interpretazione heideggeriana, che vedeva in Nietzsche il compimento di quella metafisica che aveva dimenticato l'essere a favore dell'ente, Franck ristabilisce il significato affermativo della morte di Dio e nega che la dottrina dell'eterno ritorno costituisca l'ultima teologia filosofica: dopo la secolare subordinazione della volontà umana a quella divina, che agisce per divieti e negazioni, l'uomo può finalmente dispiegare una potenza inaudita, entro un orizzonte per il quale la tecnica si sostituisce alla fede; il confronto di Nietzsche non avviene tanto con il Dio di Aristotele - come vorrebbe Heidegger, che ha operato una "decristianizzazione surrettizia della filosofia" - ma con quello della rivelazione: "proclamare la morte di Dio non equivale ad annunciarne la resurrezione". Così - agli occhi di Franck - "il pensiero nietzscheano, lungi dall'essere un'ultima metafisica, è il luogo di una spiegazione con la rivelazione" e il rovesciamento del platonismo s'inscrive nella trasvalutazione dei valori ebraico-cristiani. Il pensiero dell'eterno ritorno, che sta a fondamento di quella "Bibbia dell'avvenire" che è lo Zarathustra nietzscheano, tende a "invalidare la resurrezione dei morti che San Paolo mise a fondamento di tutta l'economia della salvezza". Ogni resurrezione è una resurrezione dei corpi: per il cristianesimo, il corpo non è un essere naturale che si apre al mondo ma un'apertura al Dio creatore, allo spirito santo; la crocifissione riceve significato soltanto dalla resurrezione di Cristo "che ci libera dal nostro passato di peccatori per aprirci un avvenire di credenti", ma la vita eterna futura costituisce la negazione della vita carnale presente. Quello di Nietzsche è il progetto di un'altra incarnazione, in opposizione a quella ideata da San Paolo e dal cristianesimo: l'annuncio della morte di Dio comporta la creazione di un corpo superiore perché attivo e la transizione dallo spirito santo allo spirito libero. Dopo il gesto nietzscheano che istituisce una "nuova giustizia", nessun dio potrà ancora salvarci: la dottrina dell'eterno ritorno viene presentata come "religione delle religioni" ma è una religione senza dio, destinata ad "anime più libere, più gaie, più sublimi" che rivendicano al corpo tutta la sua potenza, l'esuberanza, la sua grande ragione, e che - sottraendosi alle lusinghe reattive del corpo celeste - dichiarano fedeltà alla terra. Mediante la sovra-resurrezione atea auspicata da Nietzsche, il corpo può sviluppare una prodigiosa e incoercibile pluralità di pulsioni, affetti e prospettive, "cambiare il nostro modo di sentire", destituire la coscienza con la sua antica funzione rassicurante di un Io identico a sé, intensificare la forza di una volontà di potenza che è innanzitutto conferimento di senso, esercizio del grande stile, trasformazione del caos in forma. Dopo Nietzsche, è il corpo - e soltanto la sua carne - a filosofare.

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