Il Sole 24 ore

Domenico Losurdo

 

Il libro di Domenico Losurdo ha suscitato un acceso dibattito sulla stampa ed è già un caso editoriale. Filosofia.it vi propone un resoconto completo degli articoli che si sono occupati del volume.


Torna all'indice degli articoli

 

 

 

 

Il Sole 24 ore 25/2/2003

Un libro di Domenico Losurdo conferma
il legame del filosofo con il nazismo

Il "risentimento" del Superuomo

di Giuseppe Bedeschi

Nietzsche resta un problema aperto della cultura e della coscienza contemporanea. Gli interrogativi sull'influsso che la sua opera può aver esercitato sulla formazione della "Weltanschauung" nazionalsocialista, sono stati sollevati da grandi spiriti: da Thomas Mann, che nel Doktor Faustus espresse la dolorosa sensazione che la catastrofe della Germania fosse in qualche modo legata all'esperienza spirituale di Nietzsche, a Benedetto Croce, che si pose il problema del filo che connetteva Nietzsche a "quanto di torbido venne apparendo, lungo il corso del secolo decimonono e soprattutto in questo ventesimo, nel suo Paese e nel mondo tutto". Emblematico, poi, il caso di Karl Loewith che, formatosi alla scuola di Heidegger e profondamente affascinato dalla meditazione di Nietzsche, scrisse su di lui, nel 1935, un libro importante (Nietzsche e l'eterno ritorno); ma nella sua autobiografia (scritta nel 1940 in Giappone, dove si era rifugiato per sfuggire alle persecuzioni razziali naziste) Loewith affermò: "Nietzsche è e rimane un compendio dell'antiragione tedesca o dello spirito tedesco. Un abisso lo separa dai suoi divulgatori senza scrupoli, eppure egli ha preparato loro la strada che lui stesso non percorse". Ed è appena il caso di ricordare l'ampio capitolo che nella Distruzione della ragione (1954) Lukàcs dedicò a Nietzsche, dove sostenne che tra il filosofo tedesco e l'ideologia nazista c'era un nesso preciso e indissolubile. Una tesi, questa, ripresa da Nolte poco più di una decina d'anni fa, ma all'interno di un impianto storico completamente diverso. In quanto "risposta" al bolscevismo, e alla sua distruzione sociale e fisica di borghesia e contadini, il nazismo, secondo Nolte, riprese e riattivò il pensiero di Nietzsche, anche e soprattutto nei suoi aspetti più inquietanti: si trattò, certo, di un'utilizzazione rozza e grossolana, e tuttavia, diceva Nolte, "senza taluni aspetti del nietzscheanesimo" il nazismo "non sarebbe divenuto ciò che fu, più di quanto il movimento operaio sarebbe stato ciò che è stato senza il marxismo" (Nietzsche e il nietzscheanesimo, 1990).
Alla conferma del rapporto Nietzsche-nazismo ha dedicato un'amplissima ricerca Domenico Losurdo nel suo recentissimo Nietzsche, il ribelle aristocratico. E', dunque, una lettura ideologico-politica di Nietzsche anche quella proposta da Losurdo. Il quale è consapevole delle difficoltà che ostano alla istituzione di un rapporto stretto e immediato fra il pensiero del filosofo e il Terso Reich (non foss'altro per l'ampio arco temporale che li divide). Perciò egli sottolinea la necessità di alcune "mediazioni": occorre accertare, egli dice, la larga consonanza del filosofo con la reazione aristocratica della fine dell'Ottocento, e analizzare i processi sociali, politici e ideologici che da questo movimento di reazione conducono al nazismo; senza dimenticare mai che a separare punto di partenza e punto di approdo sono comunque due rotture epocali (la Prima guerra mondiale e la rivoluzione bolscevica) che hanno reso radicalmente diversi i tempi storici in cui si collocano, da un lato, Nietzsche e i suoi contemporanei, e, dall'altro lato, il trionfo e la disfatta del Terzo Reich.
Detto questo, gli aspetti del pensiero di Nietzsche sui quali Losurdo si sofferma più a lungo sono quelli messi già in rilievo da studiosi precedenti (da Lukàcs a Nolte). C'è l'esaltazione nietzscheana del mondo ellenico, visto non tanto nella sua espressione "classica", quanto nei suoi esordi, nei quali il filosofo individua quell'elemento dionisiaco, che ci spinge a cogliere l'"eterna gioia dell'esistenza". Platone costituisce già una pericolosa deviazione da ciò, col suo dualismo tra "mondo sensibile" e "mondo delle idee", che preannunzia la visione giudaico-cristiana con la sua innaturale scissione tra mondo terreno e mondo ultraterreno, e con la sua mortificazione dell'uomo (il "peccato", la "caduta" eccetera). In questo quadro si inserisce il violento antisemitismo di Nietzsche (..."gli Ebrei, i più grandi odiatori che siano mai esistiti"). Il giudaismo è stato infatti il presupposto e la base del cristianesimo, che ha proclamato l'eguaglianza di tutti gli uomini in quanto creature di Dio, esprimendo con ciò il "risentimento" dei deboli, degli inferiori, dei "paria", cioè di tutti coloro che sono incapaci di sostenere la "tragicità" dell'esistenza. E particolarmente spietato era Nietzsche verso i "malriusciti", al punto di affermare: "La legge suprema della vita [...] vuole che si sia senza compassione per ogni scarto e rifiuto della vita ... E' immorale, è contro natura nel senso più profondo dire "non uccidere"". A tutto ciò si aggiunge, naturalmente, la critica della Rivoluzione francese, della democrazia, del socialismo, in quanto fenomeni incardinati sul motivo dell'"eguaglianza" e ispirati al "risentimento" di cui sopra.
Non possiamo indugiare su questi temi, per i quali rinviamo alla dettagliatissima ricostruzione di Losurdo. Ci limitiamo qui ad alcune osservazioni. Gli scritti di Nietzsche non hanno, come è noto, una struttura sistematica, bensì, per lo più, aforistica, con variazioni spesso brusche su uno stesso argomento. Così, per esempio, non solo l'antisemitismo di Nietzsche non fu mai razziale bensì "culturale", ma non mancano in lui pagine in cui il cosmopolitismo ebraico viene celebrato come un momento essenziale nel processo di fusione dei popoli europei auspicato dal filosofo. Losurdo dà adeguato rilievo a queste "discontinuità", ma le interpreta in una chiave immediatamente politica, che non sempre riesce convincente. Si resta, poi, fortemente perplessi a vedere pienamente assimilati Tocqueville e J. S. Mill a Nietzsche, sotto la categoria della "reazione aristocratica" di fine Ottocento e del rifiuto della "massificazione". Certamente Tocqueville e Mill furono critici verso la società democratica, nella quale videro gravi pericoli di conformismo, di appiattimento e addirittura di eclissi dei valori: ma la loro critica muoveva da presupposti liberali e umanistici, del tutto assenti nell'universo mentale di Nietzsche. Basti pensare all'appassionata difesa tocquevilliana di alcune libertà individuali, come la libertà di stampa e la libertà di associazione; per non parlare della difesa milliana del dissenso. Tenere ferme queste distinzioni è dunque indispensabile se si vuole intendere la "provocazione" di Nietzsche nel suo carattere più proprio e inconfondibile.

SocialTwist Tell-a-Friend
Feed Filosofia.it

Cerca tra le risorse

AUDIO



Focus

  • Laicità e filosofia Laicità e filosofia
    Che cosa significa essere laici nel nostro Paese, dove forte è l'influenza politica della Chiesa? Grandi personalità del pensiero e della cultura riflettono, per la prima volta insieme, su questa questione...
    vai alla pagina
  • 1
  • 2

_______________________________________________________________________________________________________________________________________________
www.filosofia.it - reg. ISSN 1722 -9782  Tutti i diritti riservati © 2016