Avanti della domenica

Domenico Losurdo

 

Il libro di Domenico Losurdo ha suscitato un acceso dibattito sulla stampa ed è già un caso editoriale. Filosofia.it vi propone un resoconto completo degli articoli che si sono occupati del volume.


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Avanti della domenica, Inserto al numero 25, 22 giugno 2003

Domenico Losurdo, Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico, Bollati Boringhieri

Nietzsche l’europeo
Il saggio di Losurdo riduce il filosofo ad un ruolo tutto politico senza cogliere che fu il suo stesso aristocraticismo a immunizzarlo contro il virus del nazionalismo

di Roberto Obner

Dalle troppe pagine del libro di Losurdo (1094 più riferimenti bibliografici e indice analitico) viene fuori un Nietzsche dimezzato. Veniamo a sapere tutto di lui per quanto riguarda l’atteggiamento politico e sulle sue reazioni agli avvenimenti contemporanei, poco e nulla sul sorgere e lo sviluppo del suo pensiero filosofico. Il Nietzsche contingente ed effimero viene messo sotto la lente di ingrandimento, quello “eterno” del tutto ignorato. Eterno perché sono due i filosofi sopravvissuti tra tutti quelli che si sono affannati ad esporci la loro visione del mondo, Platone e Nietzsche, il primo che costruisce, il secondo che distrugge, il primo che crea Socrate, il secondo che gli contrappone Zarathustra. Ma Losurdo considera Nietzsche un autore totus politicus e lo inserisce nel quadro del pensiero conservatore e reazionario europeo ed occidentale, procedendo ad una minuziosa analisi comparata con uno stile che è tutto il contrario di quello che l’autore indagato consiglia sull’arte dello scrivere, soprattutto sulla leggerezza.
Così veniamo a sapere molte cose che già conoscevamo: il Nostro è un assertore della schiavitù (non razziale, riconosce l’A.), nemico acerrimo dell’uguaglianza e della democrazia, del cristianesimo e del socialismo intesi come strumenti di conseguimento di esse. Vede nell’ebraismo una religione orientale che esige una sottomissione totale, che ha “inventato” il peccato e che quindi costringe l’individuo a strisciare fin dalla nascita. Ma la durezza e implacabilità dell’ebraismo è pur sempre meglio, secondo Nietzsche, dello spirito di rancore e di risentimento del cristianesimo verso tutto ciò che è forte e degno. Losurdo riconosce che il filosofo tedesco non è antisemita, che considera gli ebrei legittimi cittadini europei, che arriva anzi a sostenere matrimoni tra gli Junker e le famiglie dell’alta finanza ebraica.
Che Nietzsche sia stato un reazionario è incontestabile, che questo limite non consenta una filosofia liberatrice, come sostiene Losurdo, è da discutere. Ma, rimanendo in campo politico, è grave che Losurdo non si accorga, o almeno non sottolinei, che è proprio l’aspetto più reazionario di Nietzsche, quello della schiavitù di una Grecia di duemila anni fa, che gli permette di evitare di cadere nelle trappole delle passioni moderne, a cominciare da quella nazionalista. Così egli è estremamente critico verso Bismarck, certo perché promuove una legislazione sociale, ma soprattutto perché fa una politica continua di provocazioni contro la Francia ed altri paesi europei e sfiora continuamente quella guerra europea che Nietzsche considera una guerra civile. E’ contro il nazionalismo, quindi, che considera di una volgarità ripugnante, ed in particolare contro il nazionalismo espansivo contro altri popoli europei (diverso è il discorso per il colonialismo). Si può affermare a buon diritto, e neppure Losurdo lo potrebbe contestare, che Nietzsche mai e poi mai sarebbe caduto nella trappola della prima guerra mondiale, dalle quali sono nati il bolscevismo e il nazismo, due facce della grande tragedia europea del ventesimo secolo. Ed è un autore talmente disincantato da fornire più di cento anni prima gli strumenti culturali per ridicolizzare le guerre preventive alla Bush (e questo giustamente Losurdo non se lo lascia scappare). Losurdo contesta l’interpretazione della storiografia dell’innocenza di Nietzsche per quanto riguarda il Terzo Reich. E per alcuni aspetti, come le asserzioni eugenetiche, ha ragione. Il suo pensiero ha contribuito ad una certa atmosfera. Ma non bisogna andare neppure troppo oltre, sulla linea della completa colpevolezza. Abbiamo già visto, dopo il conflitto franco-tedesco del 1870, il rifiuto della guerra europea o della sua minaccia come strumento della politica. Certo in nome dell’individualismo dei privilegiati, della comunità degli aristocratici che sfrutta lo spirito gregario della massa degli schiavi moderni, le classi lavoratrici. Ma Nietzsche ha avvertito le tragedie immani legate all’ingresso delle masse nella politica attiva. Dalla rivoluzione bolscevica non sono nate catastrofi umanitarie dove pochi “aristocratici” (i capi, cioè Lenin e Stalin) hanno manovrato e sacrificato milioni di uomini per il progresso e la felicità in terra? Con i “credenti” che magari erano anche convinti della necessità del proprio sacrificio personale purché i figli potessero avere un futuro migliore? Peggio che schiavi allora, perché veniva pure imposto l’entusiasmo e la devozione alla causa. Così come per il nazionalsocialismo. Hitler non vuole schiavi, ma tedeschi fanatici, pronti a morire per lui, per schiavizzare i non tedeschi. E la parola socialismo non è un orpello inutile, perché all’interno della razza eletta il regime vuole forgiare i ricchi come i poveri, sottoponendoli fin da piccolissimi agli stessi riti e alle stesse iniziazioni al fine di un nuovo paganesimo e peraltro con una legislazione sociale non trascurabile nei rapporti di lavoro e per il tempo libero (un aspetto si può cogliere dall’ultimo romanzo di Günter Grass, “Il passo del gambero”). Certo con il pugno di ferro di una dittatura spietata, in cui gli esclusi della comunità vengono duramente perseguitati, i sindacati sciolti, socialisti e comunisti rinchiusi nei lager, le rivendicazioni represse come tradimento dell’unità nazionale. Nietzsche ha qualcosa a che fare con il regime nazista? Con il genocidio degli ebrei? Con la teoria della razza eletta?
A sostenerlo gli si fa un grave torto. Proprio a quello che più si critica in lui, il radicale aristocraticismo che si ribella alla volgarità del mondo moderno. La mentalità di Nietzsche è la più lontana da quella volgare e plebea di Hitler, dalle raffigurazioni ai simboli del potere, dalle svastiche alle adunate oceaniche. Né si può dimenticare la capacità di Hitler, come di Mussolini, di sfruttare la democrazia e il voto elettorale, intrecciato con sempre maggiore violenza, e questo può indurre a considerare che non si può fare della democrazia il nuovo idolo che tutto risolve e risana. E neppure si può dimenticare che è stata la casta militare imperniata sui nobili prussiani che più ha tentato di disfarsi del dittatore plebeo e che molti alti ufficiali hanno pagato con la vita questi tentativi. Come diversi studiosi dell’epoca (francesi, inglesi, americani) Nietzsche ha il grave torto di sostenere soluzioni eugenetiche, ma queste non sono mai considerate in chiave razziale. In Nietzsche, e Losurdo lo riconosce, non c’è mai posto per misure di pulizia etnica in Germania e in Europa. Insomma, nel non democratico Nietzsche ci sono molti anticorpi contro il mostro nazista. Ed anche se Losurdo è contro l’interpretazione innocentistica, ammette “la denuncia anticipata di alcuni processi inquietanti, che troveranno la loro più compiuta e tragica espressione nel Novecento”. Denuncia che emerge dalla furibonda polemica contro Wagner: “la sua musica non solo è principalmente teatro, quest’arte di massa per eccellenza”, ma un teatro che richiede la presenza di “massa” e non di “individui”. L’analisi di Nietzsche, scrive Losurdo, sembra denunciare anticipatamente la scenografia che scandisce il processo di “nazionalizzazione delle masse”. Le antenne di Nietzsche per presentire le tragedie del ventesimo secolo, con l’ingresso delle masse in politica, sono sensibilissime e nessuno ci garantisce che non possano esserci tragedie peggiori nell’attuale. Forse sarebbe, quindi, più utile leggerlo cercando di capire le ragioni del suo rifiuto della democrazia e dell’eguaglianza, e non dimenticare mai che è stato il filosofo che ha dato la spallata decisiva alla metafisica, quindi ridato libertà all’uomo.

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