Intervista a Eugenio Mazzerella

Heidegeer_marburg

 

 

 

 

Intervista a Eugenio Mazzerella

di Federico Lijoi

 

 

1) Innanzitutto, perché questo tema: “Heidegger a Marburg”?

Si è voluto proporre, affidandola alla verifica di alcuni tra gli studiosi più impegnati su questo periodo dell'evoluzione del pensiero di Heidegger, un'analisi quanto più esaustiva della ricerca filosofica di Heidegger negli anni di Marburgo - anche perché, a parte "Essere e tempo", la sua documentazione è affidata ai corsi di lezioni, che solo adesso sono ormai più o meno compiutamente accessibili.

2) Il Natorp-Bericht rappresenta il motivo principale della chiamata di Heidegger a Marburgo. L’analisi heideggeriana delle opere di Aristotele costituisce una premessa di cui si devono ancora approfondire molti temi per la genesi delle sue concezioni dell’effettività e della storicità della vita?

Certamente, anche se resto convinto, personalmente, che questa apertura alla storicità della vita, a integrare e correggere la sua formazione logico-trascendentale e poi fenomenologica, Heidegger la debba sostanzialmente all'influsso di Dilthey (e Yorck)e alla sua storia della metafisica, consegnata all' "Introduzione alle scienze dello spirito", dove metafisica e vita sono le ottiche con cui vengono lette grecità e cristianesimo, delle cui esperienze della vita Heidegger proporrà un'analisi sincretica. Oltre che naturalmente alla sua originaria formazione teologica.

3) Cosa può aver trovato un pensatore come Natorp in una filosofia come quella di Heidegger così diversa dalla propria impostazione?

In effetti penso, che Natorp, e soprattutto Husserl, abbiano visto in Heidegger chi prometteva di acquisire ad una "razionalizzazione" fenomenologica aspetti e problemi, inquietanti per il loro ideale di filosofia come "scienza", della filosofia della vita e della ventata relativistica nietzscheana fortemente presenti nella cultura tedesca degli anni venti. Come poi si è visto, per molta parte si sbagliavano.

4) I Beiträge zur Studium der Individualität di Dilthey tracciano la via che al trascendentalismo neokantiano era rimasta sbarrata. Heidegger, tuttavia, si allontana anche da lui. In cosa consiste la differenza tra queste due concezioni della coscienza storica come fatto originario della vita?

Ho dedicato a questo problema uno studio, in un libro dell'87, uscito con Morano, Storia, ontologia, metafisica, in cui ho cercato di mostrare come il modello teorico-storiografico di storia della metafisica diltheyano faccia da ponte tra quello hegeliano e quello heideggeriano, segnalandone anche, sottaciute in Heidegger, dipendenze. Credo che in Heidegger, ci sia, sullo sfondo della sua formazione trascendentale e fenomenologica, un'esigenza non solo di rigorizzazione fenomenologica della coscienza storica, ma anche di un suo ancoraggio trascendentale nella "struttura" del Dasein, probabilmente eccessivo per uno "storico" nel senso di Dilthey.

5) Heidegger polemizza anche con i Neokantiani del Baden e con la loro “filosofia dei valori”…

Sì, Heidegger è ben presto convinto che per parlare di valori, negli anni venti, si debba andare a scuola da Weber e Nietzsche, parlare con loro e non con i sistemi di valori dei "professori". Magari, eccede un po', ma la sostanza, non a torto, è questa.

6) Nell’ultimo corso di Marburgo si parla, per la prima volta in modo esplicito, di svolta (Kehre) e capovolgimento (Umschlag). Che rapporto intrattiene, secondo Lei, questo corso con la conferenza Vom Wesen der Wahrheit?

Credo ci sia una chiara anticipazione, anche se la polisemia della "svolta" in Heidegger è tale che non viene esaurita da questi due testi, e resta il problema di cosa possa significare concretamente questo "passaggio". Tento di darne qualche indicazione nella mia relazione al convegno su logica, ontologia, ontica nel corso del '28.

 

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