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Le Diverse Forme Di Sensazione Nel De Anima. Temi E Problemi
Di Marcello Zanatta →
In De an. II 6 Aristotele, prendendo espressamente a oggetto ciascuna sensazione, distingue ciò che è sensibile per accidente (κατὰ συμβεβηκὸς) da ciò che lo è per sé (καθ᾽αὑτό) e ulteriormente, per quanto concerne quest’ultimo caso, una specie di sensibili per sé percepiti con ciascuna sensazione e una seconda specie di sensibili per sé comuni a tutte le sensazioni (418a 9-10). L’impossibilità dell’errore e il non potersi percepire con una sensazione diversa, che caratterizzano la prima specie di ciò che è sensibile per sé, sono esemplificati con il caso della vista del colore, dell’udito del suono e della degustazione del sapore (a 11-14). Sensibili comuni sono detti invece il movimento, la quiete, il numero, la figura, la grandezza (a 16-18).
La motivazione addotta è che essi non sono propri di nessuna sensazione, ma comuni a tutte, giacché un certo movimento è sensibile sia con la vista che con il tatto (a 18-20). Infine, Aristotele chiarisce la nozione di «sensibile per accidente» con l’esempio della percezione che il bianco è figlio di Diare: percezione accidentale in quanto al bianco accade di essere percepito come figlio di costui – l’essere figlio di un dato individuo, nel caso in specie di Diare, è determinazione percepibile; ecco perché nell’esempio la si pone come percepita –, e non se ne è quindi affetti in quanto tale.
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