Il liberalismo classico e la sfida dell’illiberalismo identitario. Che cosa diceva The Economist nel 2021 e oggi

Il liberalismo classico e la sfida dell’illiberalismo identitario. Che cosa diceva The Economist nel 2021 e oggi

Il liberalismo classico e la sfida dell’illiberalismo identitario

Nel settembre 2021, The Economist pubblicava una breve ma essenziale analisi sulla crisi del liberalismo (The illiberal left), un’analisi che, riletta oggi, spiega molti aspetti della polarizzazione politica e dei suoi pericoli. In un’epoca segnata da crescenti tensioni geopolitiche, polarizzazione sociale e sfide alla democrazia, le parole dell’articolo risuonano con particolare urgenza, soprattutto nella loro analisi del conflitto tra liberalismo individualista e nuovo collettivismo identitario.

“Qualcosa è andato molto storto con il liberalismo occidentale”, esordiva l’articolo, delineando immediatamente il cuore del problema. Il liberalismo classico, con la sua fede nel “progresso umano attraverso il dibattito e le riforme”, si trova oggi sotto attacco da più fronti. Da un lato, “una Cina risorgente deride il liberalismo considerandolo egoista, decadente e instabile”. Dall’altro, “i populisti di destra e sinistra si scagliano contro il liberalismo per il suo presunto elitismo e privilegio.”

La sfida della sinistra illiberale

Particolarmente significativa è l’analisi della minaccia proveniente dalla sinistra illiberale. Come spiega l’articolo, questo nuovo movimento ha origine nelle università d’élite, dove “quando i giovani laureati hanno trovato lavoro nei media di alto livello, in politica, nel business e nell’istruzione, hanno portato con sé un orrore per il sentirsi ‘insicuri’ e un’agenda ossessionata da una visione ristretta di ottenere giustizia per gruppi identitari oppressi.”

La caratteristica distintiva di questo approccio è il suo rifiuto dei principi fondamentali del liberalismo classico. Se superficialmente entrambe le visioni “credono che le persone dovrebbero poter prosperare qualunque sia la loro sessualità o razza”, le differenze metodologiche sono profonde e irriconciliabili.

Individui vs gruppi: Il cuore del conflitto

Il punto cruciale sta nella differenza tra un approccio basato sull’individuo e uno basato sui gruppi identitari. “Per i liberali classici”, sottolinea l’articolo, “la direzione precisa del progresso è inconoscibile. Deve essere spontanea e dal basso verso l’alto – e dipende dalla separazione dei poteri, in modo che nessuno né alcun gruppo sia in grado di esercitare un controllo duraturo.”

Al contrario, la sinistra illiberale “mette il proprio potere al centro delle cose, perché sono sicuri che il vero progresso sia possibile solo dopo che hanno provveduto a smantellare le gerarchie razziali, sessuali e altre.” Questa differenza si manifesta concretamente nelle politiche proposte: mentre i liberali classici “credono nel stabilire condizioni iniziali eque e lasciare che gli eventi si sviluppino attraverso la competizione”, i progressisti illiberali “credono nell’imporre ‘l’equità’ – i risultati che ritengono giusti.”

L’esempio dei test standardizzati è emblematico: secondo Ibram X. Kendi, citato nell’articolo, “qualsiasi politica daltonista, inclusi i test standardizzati dei bambini, è razzista se finisce per aumentare le differenze razziali medie, per quanto illuminate siano le intenzioni alla base.” Questa visione rappresenta un radicale allontanamento dal principio liberale di valutazione basata sul merito individuale.

La nuova gerarchia delle vittime

Un aspetto particolarmente preoccupante dell’approccio illiberale è la creazione di quello che l’articolo definisce “un sistema di caste basato sulle vittime in cui chi sta in alto deve cedere il passo a chi ha maggiori rivendicazioni di giustizia riparatrice.” Questo sistema non solo divide la società in gruppi antagonisti, ma stabilisce anche una gerarchia di “oppressione” che determina chi ha diritto a parlare e chi deve tacere.

Le conseguenze pratiche di questo approccio sono evidenti nelle tattiche di “cancellazione” e “no-platforming”: “i progressisti illiberali pensano che l’equità richieda che il campo sia inclinato contro coloro che sono privilegiati e reazionari. Ciò significa limitare la loro libertà di parola… Comporta anche fare un esempio dei presunti reazionari, punendoli quando dicono qualcosa che si ritiene faccia sentire insicuro qualcuno meno privilegiato.”

Il pericolo per la democrazia

Come avverte l’articolo, citando Milton Friedman, “la società che mette l’uguaglianza prima della libertà finirà per non avere nessuna delle due.” Il rischio è che, nel tentativo di correggere le ingiustizie storiche, si finisca per creare nuove forme di oppressione. “I progressisti illiberali pensano di avere un progetto per liberare i gruppi oppressi. In realtà la loro è una formula per l’oppressione degli individui.”

La rilettura di questa analisi nel 2025 evidenzia come il conflitto tra liberalismo individualista e collettivismo identitario sia diventato ancora più centrale nel dibattito contemporaneo. La tendenza a sostituire l’individuo con il gruppo come unità fondamentale dell’analisi sociale e politica rappresenta una sfida esistenziale per il liberalismo classico.

 

Il liberalismo classico del XXI secolo deve riaffermare con forza i suoi principi fondamentali: la centralità dell’individuo, l’importanza del dibattito aperto, il rifiuto dei dogmi ideologici. Allo stesso tempo, deve saper rispondere alle sfide della contemporaneità, dimostrando come un approccio basato sulla libertà individuale possa affrontare efficacemente i problemi di disuguaglianza e ingiustizia sociale.

La chiave sta nel ricordare che, come sottolinea l’articolo, “solo i liberali apprezzano la diversità in tutte le sue forme e capiscono come renderla un punto di forza.” Non attraverso quote imposte o giustizia riparatrice, ma creando le condizioni per una vera uguaglianza di opportunità e per il riconoscimento del merito individuale.

La conclusione dell’articolo del 2021 resta valida: “Il liberalismo è ancora il miglior motore per un progresso equo.” Ma questo motore deve essere alimentato da una rinnovata consapevolezza della sua missione fondamentale: la difesa dell’individuo contro ogni forma di collettivismo coercitivo, sia esso basato sulla classe, sulla razza o sull’identità.

I liberali devono infatti “riscoprire il loro spirito combattivo” non solo per difendere lo status quo, ma per promuovere un rinnovamento che mantenga vivi i principi fondamentali del liberalismo: la libertà individuale, lo stato di diritto, la competizione leale, il dibattito aperto. Solo così il liberalismo potrà continuare a essere quello che è sempre stato: non un’ideologia rigida, ma un metodo per permettere agli individui di perseguire la propria visione della felicità nel rispetto della libertà altrui.