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La proprietà privata. Platone e Aristotele riletti con grafici e criteri economici moderni, di Simona Ferrero
Il tema della proprietà privata è stato nei secoli ampiamente e ripetutamente dibattuto. Proverò a leggere con strumenti moderni la posizione al riguardo di Platone e quella di Aristotele.
Platone tratta il tema della proprietà privata nella “Repubblica”. L’impostazione della questione continua ad essere interessante ancora oggi. Platone esamina infatti il legame che intercorre tra i diritti di proprietà e le questioni della giustizia e della stabilità sociale. La forma di proprietà prediletta è la proprietà comune, soprattutto per le classi alte della società, che non vivono dei propri guadagni, mentre la proprietà privata ha un notevole vantaggio per commercianti e produttori, i quali vivono del proprio lavoro.
Per comprendere meglio questa visione occorre ricordare la visione di Platone secondo cui esiste, diremmo oggi, un trade off tra virtù (quella per eccellenza è la giustizia) e denaro: la ricchezza, infatti, non fa altro che aumentare il potere e danneggiare la comunità.
Ci si può dunque interrogare sul significato della correlazione negativa tra ‘giustizia’ e ‘ricchezza’ e sull’evidenza della sua esistenza o meno con gli strumenti odierni dell’analisi economica. Si considerano qui due indicatori tra i più comunemente noti, l’indice di Gini, per quanto riguarda la giustizia in termini di equità, e il PPP per quanto riguarda la ricchezza, in termini di prodotto interno lordo a parità di potere d’acquisto. I dati oggetto di studio sono, per il primo indicatore, riferiti all’arco temporale 2015/2018 (disomogeneità al fine di poter considerare anche i paesi meno ricchi per i quali altrimenti non si disporrebbe di un coefficiente calcolato e/o stimato) e al solo 2018 per quanto riguarda il secondo.
Dal grafico in Figura 1 notiamo l’esatto opposto di quanto sostenuto da Platone: i Paesi più ricchi sono anche quelli in cui il coefficiente di Gini è minore, cioè quelli in cui le diseguaglianze sono minori. È quindi possibile, a tutti gli effetti, raggiungere una maggiore giustizia in presenza di maggiore denaro (si noti che la correlazione non implica causazione, che invece non è oggetto di analisi), anche e soprattutto attraverso la redistribuzione delle risorse e l’accesso a tutti i cittadini ad alcuni servizi indispensabili come istruzione e sanità. La situazione sociale di oggi è tuttavia diversa da quella dell’epoca di Platone in quanto ora non esiste una significativa classe alta che non detiene reddito da lavoro presente o passato, per cui, potrebbero non sussistere più le ipotesi su cui la tesi era basata.
Del tutto diversa l’analisi di Aristotele, che è schierato a favore della proprietà privata, che difende abilmente mettendo in gioco cinque argomentazioni che potremmo trovare particolarmente attuali:
- Progresso: la proprietà privata incentiva al lavoro, il quale aumenta la produttività e porta al progresso.
Ci si può dunque chiedere se è lecito credere, con l’esperienza di oggi, in una correlazione positiva tra tutela della proprietà privata e progresso. Per analizzare il tema si possono usare, ancora una volta, due indicatori, ormai sempre più ricorrenti: l’indice di sviluppo umano (“Human Development Index”, HDI), elaborato annualmente dalle Nazioni Unite, e l’indice di proprietà privata (“Property Right Index”), elaborato annualmente dalla fondazione Heritage in sede di calcolo dell’indice di libertà economica. Ecco che, come mostrato nella Figura 2, notiamo una correlazione positiva, seppure molto imperfetta, tra indice di proprietà e indice di sviluppo umano. Questo, pur non essendone una prova in quanto la correlazione non implica necessariamente la causazione, ne è un elemento a sostegno.
Figura 2: elaborazione Simona Ferrero, DATI: http://hdr.undp.org/en/content/download-data, https://www.heritage.org
- Piacere: dal momento che gli individui ricercano il piacere personale sono orgogliosi di sentire qualcosa come proprio.
Ancora una volta ci si potrebbe interrogare circa l’esistenza di una correlazione positiva tra proprietà e piacere personale cioè se a più garanzia della proprietà privata corrisponde più piacere e più benessere. Gli indicatori che si potrebbero utilizzare in questo caso sono, per quanto riguarda la variabile “piacere”, il “Life Satisfaction”, elaborato annualmente dall’OECD come risultato parziale del “Better Life Index” e, per quanto riguarda la variabile “diritti di proprietà”, il già utilizzato “Property Right Index”. Questa volta la correlazione appare molto meno chiara rispetto ai punti precedenti, forse anche perché i Paesi analizzati sono in numero inferiore (solo quelli dell’OECD) e in linea di massima molto più simili tra loro rispetto ai tutti i Paesi precedentemente analizzati.
Figura 3: elaborazione Simona Ferrero, DATI: https://stats.oecd.org/Index.aspx?DataSetCode=BLI , https://www.heritage.org
- Filantropia, possibile solamente nel momento in cui si possiede qualcosa. Infatti, un individuo può decidere autonomamente più facilmente di dedicare parte della propria proprietà al prossimo rispetto a una collettività di individui.
Per quanto riguarda questa voce, andando a cercare evidenza per confermare o smentire la visione di Aristotele al giorno d’oggi, troviamo risultati discordi. Se si utilizzano come indicatori il World Giving Index e il Property Right Index, non si trova nessuna relazione, né positiva né negativa, solo una nuvola di punti (Figura 4), indicando che, oggi, non è detto che ha maggiore tutela della proprietà privata corrisponda maggiore filantropia, almeno nei termini degli indicatori utilizzati.
Figura 4: elaborazione Simona Ferrero, DATI: http://chartsbin.com/view/vfp, https://www.heritage.org
- Relazioni sociali pacifiche date dai diversi interessi che gli individui hanno, ognuno sulla propria proprietà.
Per un’ultima volta ci si interroga sulla valenza o meno di suddetta relazione positiva tra relazioni sociali pacifiche e proprietà privata al giorno d’oggi. Gli indicatori oggetto di studio sono l’ormai consueto “Property Right Index” e il “Community Score”, un punteggio che, al pari del “Life Satisfaction Index” utilizzato per la Figura 3, contribuisce al calcolo del “Better Life Index” dell’OECD. Per questo motivo disponiamo dell’indicatore solo per i paesi aderenti all’organizzazione, questione che lo rende molto meno interessante. Si può comunque intravedere una relazione positiva seppur poco, forse a causa dell’imparzialità del campione analizzato.
Figura 5: elaborazione Simona Ferrero, DATI: : https://stats.oecd.org/Index.aspx?DataSetCode=BLI, https://www.heritage.org
Certamente la proprietà privata non era per Aristotele la panacea a tutti male, la pozione magica che avrebbe portato pace e armonia, tuttavia secondo lui questa minimizzava i conflitti: solitamente non si attacca la proprietà altrui quando si è ben consapevoli che è di qualcun altro, la si attacca più facilmente quando il proprietario non è ben chiaro e definito.
In conclusione, evidenze alla mano, possiamo negare (certo, allo stato attuale) la valenza della tesi di Platone, forse grazie alla scomparsa di una classe alta oziosa che non trarrebbe beneficio dalla proprietà privata. Per quanto riguarda la visione di Aristotele, non possiamo certamente negarla: tre delle quattro argomentazioni sono sostenute (seppur non giustificate) dall’evidenza empirica. Eppure, a distanza di secoli, ci si interroga ancora sulla bontà dell’istituto della proprietà privata e ci si augura ancora la sua fine, in nome di una maggiore equità che però abbiamo visto non sussistere. Ma se tale equità non è data dall’assenza della proprietà privata, allora, resta da capire a che cosa si debba il diffuso sostegno alla negazione della proprietà privata.